domenica 31 gennaio 2010

Come abbiamo sconfitto l'Enel

 
La lotta contro la centrale Enel nella Valle del Mercure 

La centrale Enel della Valle del Mercure è situata tra Calabria e Basilicata all’interno del Parco Nazionale del Pollino. L’impianto aveva funzionato negli anni sessanta prima a lignite e poi ad olio combustibile. Già negli anni sessanta, anche quando non esisteva il parco nazionale la comunità della Valle del Mercure aveva condotto contro la centrale una battaglia molto dura. L’impianto rimase in funzione fino a metà degli anni ’90, poi chiuse. E’ di circa cinque anni fa il tentativo dell’Enel di riaprire l’impianto convertendolo a biomasse e a CDR (combustibile derivato da rifiuti). Anche all’epoca la popolazione del territorio del Pollino si mobilitò ed evitò la riapertura della centrale. L’Enel ci ha riprovato nell’estate di quest’anno, proponendo che l’impianto funzionasse a 35 invece che a 50 megawatt ed ottenendo tutte le autorizzazioni necessarie. Oltre che dalle regioni di Basilicata e Calabria l’autorizzazione viene anche dall’Ente Parco del Pollino, un’istituzione che, almeno sulla carta, dovrebbe essere preposta alla tutela dell’ambiente e del territorio. La popolazione allarmata scende subito in campo. Si mobilitano subito i comuni di Viggianello e Rotonda, gli ambientalisti, contadini, lavoratori e studenti anche emigrati. 

Perché la comunità locale della Valle del Mercure non ha voluto che la centrale riprendesse i lavori? L’Enel presenta la riconversione dell’impianto a biomasse come un’operazione che consentirà di produrre energia pulita da fonti rinnovabili. Nei suoi comunicati l’Enel (che spediva automaticamente mail arroganti ai firmatari della petizione online) parla del progetto come un’applicazione dei dettami del protocollo di Kioto, come un’occasione per salvare l’ambiente e creare contemporaneamente occupazione. Il problema è dove reperire la biomassa necessaria a produrre energia pari a 35 megawatt. L’Enel lascia intendere nei suoi comunicati che la biomassa potrebbe essere reperita “in loco”, appaltando alle ditte del legname lavori di pulitura dei boschi del Pollino (leggi: tagli boschivi). La conclusione dell’Enel è a dir poco grottesca e dimostra come spesso il tema della salvaguardia dell’ambiente possa essere completamente travisato  per asservirlo agli interessi economici delle multinazionali. Quella dell’energia pulita adesso diventa una bella scusa per fare profitti ( e non dimentichiamo che l’ Enel cita anche tra le fonti di energia pulita le… centrali nucleari!). In sostanza, l’Enel lascia intendere che per produrre biomassa sia necessario bruciare gli alberi dei boschi del Pollino. Logica vorrebbe che i boschi, proprio per il fatto di essere compresi in un’area protetta, dovrebbero essere lasciati in pace. Ma la logica ecologista dell’Enel è diversa.  Non ci meravigliamo di questo. Il capitalismo tratta qualsiasi cosa come merce. Un albero, un bosco, non hanno valore in sé, acquistano valore solo in presenza di un utile: nel migliore dei casi la loro valorizzazione è attuata a scopi turistici, nel peggiore dei casi a scopi industriali! Il Pollino non è l’unico caso al sud interessato dai danni della schizofrenia (pseudo)ecologista delle  multinazionali, in quanto ad esempio a Cotronei, in Calabria, è stato autorizzato il taglio di querce secolari da bruciare in tre centraline a biomassa. Certo non bisogna essere pregiudizialmente contro le centrali a biomasse. Le centrali a biomasse possono anche essere utili, ma se di piccole dimensioni (di sicuro non a 35 megawatt!) e situate in prossimità di stabilimenti o piantagioni che utilizzano enormi quantità di scarti vegetali (zuccherifici, segherie, risaie ecc.)… non certo in un parco nazionale! Anche perché, pur tralasciando il valore dal punto di vista estetico e naturalistico di una foresta e ragionando in termini strettamente ecologici, questa stessa foresta non può essere considerata in senso stretto una fonte di energia rinnovabile, soprattutto perché i tempi di “rinnovabilità” di un albero sono estremamente lunghi!  

 

La questione della centrale dell’Enel del Mercure non riguarda però solo il problema dei tagli boschivi. Il rischio rappresentato da una centrale con tale potenza energetica era quello che l’impianto potesse trasformarsi tout court in un inceneritore di rifiuti. Non ci vuole tanto per passare dal CDR ai rifiuti veri e propri. Pensiamo a quali conseguenze dannose si potrebbe pervenire, in termini di inquinamento dell’aria e delle falde acquifere, dall’incenerire qualcosa come 35 megawatt di rifiuti… Per la criminalità organizzata la centrale Enel avrebbe rappresentato un grosso affare. Questa è stata anche l’opinione di un ex giudice come De Magistris che evidentemente conosce gli affari che si muovono nel territorio calabrese. La criminalità organizzata avrebbe probabilmente controllato la gestione degli appalti dei lavori generati dall’indotto della centrale ed enorme sarebbe stato il rischio di traffici di rifiuti da incenerire nell’impianto (la questione della nave dei veleni venuta alla ribalta negli ultimi mesi la dice lunga sui traffici nascosti che avvengono sul territorio meridionale!). Va detto anche che all’interno del sito dell’impianto già sono  seppellite quantità probabilmente anche consistenti di rifiuti tossici: cinque anni fa furono proprio i carabinieri a sequestrare il sito per avere accertato la presenza di questo tipo di rifiuti. Altro che centrale a biomasse… il sito andrebbe bonificato! Tutti questi rischi sociali e ambientali erano compensati dalla creazione di soli 35 posti di lavoro effettivi (nella centrale cioè) a fronte di inevitabili ricadute occupazionali nell’ambito di settori come l’agricoltura e il turismo (che dovrebbero rappresentare i settori chiave dell’economia di un’area protetta). Ma veniamo alla mobilitazione.

 La protesta dei comitati e delle asscosiazioni comincia con i presidi sotto la sede dell’Ente Parco, in occasione delle riunioni del consiglio direttivo. Si organizza una petizione online che in poche settimane raccoglie migliaia di firme. La parola d’ordine del forum delle associazioni e dei comitati diventa quella delle dimissioni del presidente dell’Ente Parco Domenico Pappaterra, per avere dato parere favorevole alla riapertura della centrale. Le dichiarazioni di Pappaterra dimostrano fino a che livelli è arrivata l’ignavia dei politicanti  posti alla direzione dell’ente. In pratica si dice ai comitati: “non prendetevela solo con noi; non siamo stati solo noi a dare le autorizzazioni all’Enel; c’entrano anche le regioni e le province di Calabria e Basilicata… andate a manifestare anche sotto le loro sedi!” Questi  politici provenienti dalle fila del Pd evidentemente non hanno un’opinione, non riescono a prendere una decisione? All’inizio sono pronti a servire gli interessi dell’Enel, poi, temendo il “volgo”,  fanno subito marcia indietro. Questo comportamento è anche esemplificativo di cosa siano diventati  in realtà gli enti di gestione dei parchi nazionali. Più che istituzioni di tutela ambientale e di sviluppo del territorio sembrano più che altro organi burocratici con a capo politicanti e funzionari senza competenze sull’ambiente; strutture che manovrano ingenti quantità di denaro pubblico, che spesso viene utilizzato per progetti inutili e costosi, con conseguenze spesso dannose per l’ambiente e il paesaggio. Evidentemente i dirigenti dell’ente cominciano a temere la mobilitazione della popolazione e sotto la pressione dei comitati sono obbligati a mettere in discussione le decisioni precedentemente assunte. Anche la posizione di Pittella, parlamentare europeo e uno dei grandi “feudatari” del Pd al sud, è adesso quella di “né aderire né sabotare”.

La svolta decisiva nella vicenda si ha con l’imponente manifestazione popolare del 5 settembre 2009, una delle più grandi manifestazioni tenutasi nel territorio del Pollino. Certo, alla mobilitazione il corteo non arriva a contare più di tremila persone. Ma in un territorio con comuni che popolati in media dai 1500 ai 3000 abitanti anche poche migliaia di persone possono rappresentare tanto. Colpisce la varietà di persone presenti alla manifestazione: ci sono studenti medi e universitari, ambientalisti e contadini, pastori e insegnanti o professionisti. Vecchi e giovani, donne e uomini provenienti dai comuni della Valle del Mercure e delle valli limitrofe. A portare la solidarietà alla lotta ci sono anche sindaci di comuni lontani, della Calabria e della Basilicata. Tanti sono gli striscioni nel corteo che ribadiscono il no alla centrale e all’atteggiamento di rapina dell’Enel. Tante sono anche le bandiere rosse e i compagni che si sono prodigati per organizzare la manifestazione. E’ presente anche uno spezzone regionale del Prc. Molto importante è stata la mobilitazione delle associazioni ambientaliste di base, quelle cioè che operano concretamente sul territorio. Ma il dato più importante è la partecipazione della gente comune, di operai, studenti e contadini senza i quali la mobilitazione non sarebbe stata così imponente. La sensazione è quella che ci sia una comunità intera, di popolo, che sia scesa  in campo per difendere sé stessa,  la propria terra e, quel che è più importante, la propria dignità. La mobilitazione ottiene un primo successo con la sospensione da parte dell’Ente Parco, per 40 giorni,  del parere favorevole dato alla riapertura della centrale. L’Enel protesta affidandosi alla questione della legalità, in quanto la società aveva ottenuto tutte le autorizzazioni.  L’Ente Parco, ormai sovrastato dalla forza della mobilitazione, è costretto a prendere atto della volontà popolare ed a schierarsi con il forum dei comitati. La conclusione definitiva della vicenda si ha con la posizione dell’Avvocatura di Stato di Potenza che boccia il progetto dell’Enel facendo valere il diritto delle popolazioni all’ “autotutela”. L’Ente Parco può  ritirare finalmente il parere favorevole (la comunicazione che revoca ufficialmente il parere favorevole risale al 28 ottobre). Proprio la conclusione della vicenda la dice lunga su cosa rappresentino  in realtà le belle parole come “legalità” e “democrazia”. Certo, per aver ricevuto le autorizzazioni era legale che l’Enel riaprisse la centrale degradando il territorio. E’ legale, dopo il parere dell’Avvocatura di Stato, la bocciatura del progetto. Ma questa conclusione all’insegna della “legalità”  è subentrata solo dopo un’imponente mobilitazione popolare. La mobilitazione ha dimostrato che ciò che  viene presentato come legale non è giusto, e anzi spesso è antidemocratico. Sono stati i comitati e le associazioni a ristabilire la verità facendo valere le proprie ragioni di giustizia contro l’Enel e contro quei politici che dovrebbero rappresentare gli interessi del popolo ma che come si sa cedono facilmente ai ricatti e alle lusinghe del capitale. Questa e altre lotte come Scanzano dimostrano che non è possibile delegare a nessuno la salvaguardia del proprio territorio. Bisogna agire attraverso i comitati, che sono quelle strutture democratiche di base che assicurano la più ampia partecipazione. E’ necessario adottare una prospettiva di lotta unitaria che coinvolga il maggior numero di persone, soprattutto i giovani, che dia modo a quelle energie positive di cambiamento che covano nella società di uscire allo scoperto, di  autorganizzarsi per avanzare una prospettiva anticapitalistica di cambiamento, una prospettiva che sia fondata mai come oggi sulle parole d’ordine della  resistenza e del movimento.    

                                                                                         

                                                                                                                                          articolo dell'Indio

 

domenica 24 gennaio 2010

Il Quotidiano della Basilicata pubblica un articolo sul ciuccio...firmato Dario Caputo

Viggianello Un nuovo giornale

Quando il ciuccio fa le pulci al sovrano

VIGGIANELLO - Una nuova forma d'informazione si fa avanti, una forma d'informazione
libera e senza peli sulla lingua; ecco come nasce questa nuova iniziativa a Viggianello, il paese delle ginestre.
“U'Ciucciu e u'Re”, questo il titolo di questo nuovo foglio d'informazione, mira a diventare un mezzo per tutti coloro che non hanno voce, un mezzo per porre domande ma anche per cercare
soluzioni alla miriade di problemi che affliggono la nostra Valle. Buono è stato il riscontro alla prima uscita di questo mensile che sarà distribuito gratuitamente su tutto il territorio.

Parla Antonio Vitale, il Responsabile de “U'Ciucciu e u'Re”.

Come e quando è nata in te l'idea di far nascere questa nuova forma d'informazione?


L'idea mi balena da tempo, ma verso novembre insieme ad altri ho pensato che fosse necessario muoversi. La Valle del Mercure è un territorio stranissimo, a metà tra Calabria e Basilicata. Spesso quest'area è stata abbandonata dalle Istituzioni delle due regioni e dai politici che se ne
ricordano solo nei periodi elettorali. Ho pensato che è necessario un protagonismo popolare per ridare vita e spingere per una nuova forma di sviluppo per l'intero territorio.

Perchè quel titolo?

Anche in questo caso ho pensato al territorio; u'ciucciu è un animale simbolo per tutti i contadini e il nostro popolo. Il somaro è simbolo del lavoro, della volontà ma anche della ribellione e della testardaggine. Il re invece è il simbolo del potere, usato ed abusato che va cacciato.Noi ci poniamo l'obiettivo ambizioso di portare una vera trasformazione...vogliamo che a governare siano iciucci. Intesi come i più deboli e quelli che lavorano. Non più i tanti parassiti che abbondano in tutta la Basilicata e non solo.

Un sogno o un possibile traguardo?

Tutti i sogni, anche quelli più difficili da realizzare, possono trasformarsi in realtà, però è necessario crederci. Ma è necessario che questo sogno diventi anche di altri. Da soli non lo realizzeremo mai, la nostra speranza è anche quella di far crescere una coscienza civica che favorisca la partecipazione popolare.


Nei piccoli centri domina l'apatia, la non voglia di mettersi in gioco. Come sovvertire tutto ciò?

Intanto facendo luce sulle tante malefatte dei politicanti e degli speculatori locali. Poi è necessario ridare speranze ed alternative alle persone, far capire che se si abbandona la paura di cambiare ci aspetta una vita migliore. Più giusta, equa e felice. Il raggiungimento della felicità può essere la chiave per far risvegliare le coscienze.

Sulle malefatte dei politici si è sempre fatta luce e alla fine si è spento tutto ma si è spento tutto non per i poteri politici ma proprio per l'apatia dei cittadini.

Certo non possiamo essere stupidamente ottimisti, anzi. La storia però ha insegnato che sono i popoli, anche quelli che paiono assopiti, che cambiano il mondo. Bisogna crederci,ma non fideisticamente. Bisogna dotarsi dell'ottimismo della volontà e non chinare la testa. Siamo testardi come i ciucci in fondo.


E'una visione molto ottimistica delle realtà locali...


No, ripeto non sono per niente ottimista. Mi rendo conto che le difficoltà sono enormi. Ma l'alternativa sarebbe quella di rinchiudersi dentro casa a fare la propria vita. Di certo non è il mio caso. Non sono disposto a cedere all'individualismo, sono convinto che senz ail bene di tutti anche la mia vita non sarebbe soddisfacente. Preferisco prendere cantonate, piuttosto che arrendermi a questo imbarbarimento della società.


Come vedi le realtà locali,
Viggianello in primis,
da quì a un po’di anni?


Senza un'alternativa ed un momento forte di cambiamento anche nella mentalità delle persone vedo le realtà dei piccoli comuni del sud spopolate e senza speranze. Noi abbiamo il dovere storico di lavorare per fare in modo che ciò non avvenga. Ma per fare questo serve coraggio, solidarietà ed apertura


Come vedi le nostre classi dirigenti, a tutti i livelli?


Non le vedo bene, la maggior parte di coloro che ci amministra fa parte di un passato politico che ha portato l'Italia alla deriva. Il ceto politico attuale va cambiato, ma vanno cambiate anche le idee e i modi di amministrare. Non è solo una questione di legalità come molti pensano. Anche chi non è corrotto non è per forza un buon amministratore. Penso anche che la politica debba fare
qualcosa in più che amministrare, deve proporre soluzioni ai problemi, soluzioni da condividere con le popolazioni.


La speranza è l'ultima a
morire... ma a lungo andare anche quella muore.


Beh, la speranza morirà solo quando non esisteranno più le differenze tra ricchi e poveri, tra nord e sud, tra immigrati e abitanti locali. A quel punto il mondo sarà o migliorato oppure finito.


Dario Caputo

sabato 23 gennaio 2010

U'Ciucciu a teatro....

Il nostro caro somaro è andato a teatro, ha visto uno spettacolo di Ulderico Pesce: "Asso di Monnezza" ed ha deciso di firmare la petizione che l'attore di Rivello ha lanciato per far inserire i reati ambientali nel codice penale. Come voi ben sapete se un povero "ciuccio" ruba una gallina va a finire in gabbia. Ma se qualche "re" decide di inquinare mezzo mondo (e fa morire centinaia di persone) resta libero e paga si e no una multa. U'ciucciu invita tutti i suoi lettori e amici a firmare la petizione on line (meglio se le firmate tutte) proposta da Ulderico sul sito  

http://www.uldericopesce.com 

Consiglia inoltre di andare a teatro. I ciucci devono istruirsi per poter contrastare i re. 


sabato 2 gennaio 2010

Solidarietà un bene per tutti

L’assenza di servizi sociali degni di questo nome a Viggianello e nella Valle del Mercure è un dato ormai assodato. Non esistono centri di aggregazione e socialità né per i giovani né per gli anziani (oltre ai bar naturalmente); i servizi socio-sanitari sono carenti se non inaccessibili per molti.  Sono presenti numerose barriere architettoniche che rendono estremamente difficile,se non impossibile, la vita di un disabile che vive o vuole visitare questa Valle.

La causa di questa drammatica situazione non sono solo le istituzioni e gli enti pubblici che non svolgono correttamente il proprio dovere. Molte colpe le ha anche la società civile, che  isola anziché integrare i cosiddetti “diversi”.  Spesso lì bolla definendoli “poverini”, come gente a cui bisogna fare al limite un po’ di carità. Nel peggiore dei casi li allontana giudicandoli come inutili.

Se da un lato disabili, giovani, anziani, tossicodipendenti e in generale tutti i soggetti svantaggiati, che abitano la Valle, non trovano alcun tipo di risposta ai loro bisogni, da parte degli enti pubblici, dall’altro i pregiudizi della gente fanno il resto ed emarginano ulteriormente.

Come risolvere questo problema? Magari creando un centro diurno inter-comunale. Un luogo dove le persone possano incontrarsi, avere un’assistenza completa, con lavoratori qualificati. Ecco, un centro diurno del genere sarebbe realmente utile, peccato che non c’è.  O meglio c’è  ma non funziona: si trova in località Anzoleconte a Viggianello, dove è stato costruito un edificio che doveva ospitare proprio un centro per l’assistenza ai disabili di tutta la Valle del Mercure. Finita oltre un anno fa, la struttura è stata finanziata con soldi pubblici. Ma non ci sono solo le mura, al suo interno ci sono circa 17 postazioni informatiche, tutte le attrezzature necessarie per fare di quel posto un luogo di socialità e di crescita. Addirittura sono stati acquistati due furgoni per il trasporto dei disabili in carrozzella.

La messa in esercizio di un luogo del genere darebbe la possibilità di migliorare due situazioni problematiche per il territorio. In primis, dare ai disabili ed ai giovani della valle un luogo dove poter vivere una socialità senza barriere. Secondo si creerebbero diversi posti di lavoro, tra autisti, assistenti sociali, psicologi, ed O.S.S. (operatori socio-sanitari, ndr) ci sarebbero almeno una decina di posti di lavoro in più. Come prendere due piccioni con una fava, si potrebbe dire.

Peccato che non sia così semplice, di nuovi fondi destinati al centro diurno pare non ce ne siano. Il comune di Viggianello intanto ha affidato la struttura alla parrocchia. La quale, con buona pace delle persone con disabilità, non si è certo offesa dell’omaggio.

Purtroppo questo non è il primo e nemmeno l’unico caso di spreco di denaro pubblico e di scarso interesse per i più deboli. Già qualche anno fa a Pedali era stato istituito un centro di aggregazione giovanile, chiuso dopo un po’ inspiegabilmente. La sede di questo centro si trovava nella vecchia scuola elementare di Gallizzi al secondo piano, ora il primo piano di quella struttura pubblica è fittato ad una scuola privata.

Per pochi spiccioli rientrati al comune si è ceduto a privati un luogo di aggregazione e socialità.           

Quanti di voi ricordano le attività del centro ricreativo “Peter Pan”, dove i bambini di Viggianello svolgevano attività parascolastiche e ludiche senza la play station? Beh, anche quello non c’è più, evidentemente Peter Pan è tornato sull’isola che non c’è.

Agli anziani invece chi ci pensa?  A quelli con la tempra più dura ci pensano i bar. Agli altri ,quelli in difficoltà e soprattutto alle donne più anziane che non vanno al bar, ci pensano le famiglie, su cui ricade tutto il peso dell’assistenza dei loro cari. Ma quelli che invece non hanno la famiglia? Per quelli c’è il servizio civile, c’è la cooperativa, c’è l’assistente sociale...evviva siamo a cavallo!!! La soluzione anche in questo caso va ricercata non nelle due ore di assistenza domiciliare, per chi riesce ad accedervi, ma in attività finalizzate al reinserimento sociale degli anziani, che soprattutto per questo territorio sono un valore aggiunto. I vecchi sono i detentori della saggezza popolare, della tradizione e della cultura contadina. 

Non dobbiamo lasciarli soli, ne va del futuro di tutti.

In ultima analisi, la solidarietà non solo rappresenta la civiltà di un popolo ed insieme al lavoro distingue l’uomo dalla maggioranza delle bestie, ma nel nostro caso rappresenta anche un’importante opportunità occupazionale e di crescita dell’intera comunità.

Da oggi per noi inizia una lotta per l’apertura del centro diurno, vogliamo che quella sede finanziata dalla collettività sia davvero di tutti. Anche per quanto riguarda le eventuali assunzioni, vigileremo e cercheremo di impedire che come al solito siano gli amici degli amici a lavorare e non chi più ha bisogno.

Chiediamo infine di intitolare il centro ad un amico, ad un compagno disabile che è scomparso nell’indifferenza delle istituzioni, che in passato ha lottato per vivere come tutti e che spesso si è trovato davanti ad un muro. Parliamo di Vincenzo De Filpo, a cui va il mio più caro saluto.

 

Articolo di Antonio”Che” Vitale

ragionevolonta@gmail.com

 

 

Energia a costo zero

Pochi giorni fa una mia vicina di casa, dopo aver visto lo spot di una nota azienda italiana, mi chiese di darle maggiori informazioni su quello che aveva sentito in TV. Nel descrivermi di cosa parlava la pubblicità, ho notato l’utilizzo ripetuto dell’espressione “a costo zero”. È una frase d’impatto, oggi largamente utilizzata, che desta a ragione una certa curiosità. Vorrei perciò prendere spunto da questa vicenda per parlare di un argomento che negli ultimi anni è diventato molto di moda, cercando di capire quanto ci sia di vero in un tale messaggio e, se è possibile, fornire così una risposta esauriente alla mia concittadina e a chiunque voglia approfondire questo discorso.
Si sta parlando naturalmente di energia. Energia fotovoltaica per essere più precisi. È un tipo di energia pulita, o meglio, di energia rinnovabile le cui applicazioni sono numerosissime e vanno dai prodotti di consumo di piccola potenza (calcolatrici, orologi) fino alle grosse centrali da diversi MWp. Tecnicamente, una cella fotovoltaica è un piccolo dispositivo in grado di convertire energia solare in energia elettrica. Connettendo più celle FV in serie si ottengono dei moduli in grado di sviluppare potenze e tensioni tali da poterne usufruire a scopi commerciali.
Le prime applicazioni per usi civili dei moduli FV furono rivolte inizialmente a quei siti distanti dai centri abitati e quindi dalle cabine di bassa tensione dell’ENEL, allora unico gestore della rete elettrica nazionale. In quel caso l’utilizzo di un sistema FV diventava enormemente competitivo se paragonato agli alti costi di allaccio alla rete distributrice.
Inoltre, non bisogna trascurare l’impatto visivo che ne deriva montando tralicci o pali di trasmissione in zone protette, come ad esempio i parchi. A tal proposito, vorrei ricordare l’investimento che fece proprio in questo senso il comune di Viggianello nella seconda metà degli anni ’80, installando una serie di pannelli solari per sopperire al fabbisogno energetico del rifugio montano De Gasperi di Piano Ruggio. Un’idea originale, anche considerando il fatto che questo tipo di sistema all’epoca era ancora in via di sperimentazione e perfezionamento. A distanza di tempo, viene da chiedersi come mai un simile impianto sia stato in seguito smantellato e lasciato al degrado, mentre l’Aeronautica e la Marina statunitense cercavano parallelamente di apprendere ogni più piccolo segreto di codesta scienza!
Lo sviluppo tecnologico successivo e l’ammodernamento del sistema elettrico hanno visto nascere i primi sistemi FV connessi alla rete elettrica preesistente. Inizialmente si è partiti dalla costruzione di grossi impianti per la produzione centralizzata di energia per arrivare oggi a realizzare piccoli e medi impianti destinati alle utenze residenziali (aziende, abitazioni private, imprese, enti pubblici, condomini).
Uno dei motivi che ha contribuito all’incremento di questa tendenza è stato il crescente interesse verso le fonti rinnovabili e le problematiche ambientali. Il diffondersi della tecnologia FV ha fatto sì che i costi esorbitanti dei primi impianti si siano notevolmente abbattuti, anche grazie agli incentivi statali, diventando una tecnologia alla portata di tutti.
Senza entrare nei dettagli delle diverse tipologie di impianti FV, possiamo dire che il principio di funzionamento consiste nell’utilizzare la luce diurna solare come fonte di energia rinnovabile, pulita, inesauribile e disponibile ovunque, trasformandola in energia elettrica.
E durante la notte? Nessun problema! I sistemi FV isolati sono dotati di un accumulatore di energia (un sistema di batterie) che garantisce l’erogazione di corrente perfino quando l’illuminazione è scarsa o assente.
Nei sistemi FV connessi a una rete il problema invece non sussiste minimamente. Il fabbisogno energetico necessario durante le ore di buio viene prelevato direttamente dalla rete di distribuzione, che costituisce così un accumulo di capacità illimitata. In questo caso si crea una sorta di scambio bidirezionale. Quando il sistema FV produce più del necessario, la rete assorbe l’eccedenza di energia elettrica prodotta dall’impianto residenziale, mentre quando l’utente ha bisogno di elettricità nelle ore serali o notturne, può rifornirsi dal gestore della rete. Questo tipo di sistema dispone di due contatori.
Un contatore in ingresso che calcola i kWh acquistati dalla rete e un contatore in uscita che contabilizza i kWh ceduti alla rete.
In riferimento alla seconda tipologia di impianti, i vari governi hanno sviluppato piani di finanziamento atti ad incentivare la solarizzazione degli edifici. A livello europeo si parla del cosiddetto Conto Energia e la sua efficacia è stata dimostrata dagli investimenti massicci attuati già dal 1994 in Germania. Ciò è stato fondamentale per far conoscere la tecnologia ad un pubblico più vasto e a dimostrarne l’affidabilità nel tempo.
Ma come funziona questo “conto”?
Si tratta di una sorta di finanziamento in conto esercizio. L’utente privato, una volta avviato l’impianto, percepisce periodicamente per 20 anni dal GSE (Gestore dei Servizi Energetici) somme variabili a seconda della potenza e dell’integrazione architettonica dell’impianto stesso. Il Conto Energia permette inoltre di accedere a incentivi che agevolano la spesa iniziale. Un impianto FV diventa così un investimento vero e proprio.
Bisogna dire che fino al 2010 le tariffe del conto energia ogni anno sono state decurtate del 2%. Successive revisioni, fatte in base all’andamento dei mercati, prevedono una riduzione annuale del 5% tra il 2011 e il 2015.
La tabella in basso riporta come esempio i costi in euro per kWh che il GSE si impegna a pagare nel corso dei 20 anni per incentivare la produzione elettrica prodotta da un impianto FV di potenza compresa tra 1 e 3 kW. Come si può osservare, si verifica una piccola diminuzione di anno in anno.

Questo è uno dei motivi per cui andrebbe valutata prima possibile l’idea di fare un investimento in tale direzione, anche perché un impianto FV si ripaga da sé in breve tempo, generando profitti fino a 20 anni. Trascorso questo periodo, si verificherà uno scambio alla pari con il gestore di rete. La produzione di energia subisce un piccolo calo fisiologico ma il risparmio sulle bollette è comunque assicurato.

Il secondo motivo è ancora di tipo economico. Gli incentivi statali ci saranno fin quando la produzione energetica FV in Italia non raggiungerà la soglia massima imposta dalla comunità europea allo scopo di ridurre le emissioni di anidride carbonica.
Il Libro Bianco Italiano ha stabilito questa soglia pari a 1.200 MW, dopodiché probabilmente gli aiuti del governo cesseranno del tutto e chi vorrà installare un impianto FV sarà costretto a pagarlo interamente di tasca propria. Al momento la capacità installata in Italia è di oltre 700 MW, ed è in forte espansione. Dalle previsioni si pensa che già nel 2010 il tetto massimo stabilito sarà abbondantemente raggiunto. Le principali associazioni di riferimento per il FV in Italia, in base a questi dati, stanno cercando un dialogo con le autorità competenti per portare il limite massimo di potenza incentivabile ad almeno 7.000 MW, ma per adesso è tutto in forse.

Il terzo motivo ce lo forniscono delle semplici considerazioni pratiche. Se la Germania, uno dei Paesi tecnologicamente più all’avanguardia, e la Spagna, hanno ampiamente investito in questo settore, ci sarà sicuramente una spiegazione logica e razionale. Considerando che le condizioni ottimali per avere un alto rendimento degli impianti FV è un buon irraggiamento solare, un posto assolato come l’Italia (e in particolare il nostro Sud), ha tutte le prerogative per divenire una delle nazioni più virtuose in questo settore, riuscendo con ogni probabilità a colmare il distacco che ancora ci separa dai due Stati sopracitati.

Quarto motivo, ma non per ordine di importanza, è l’aspetto ambientale. In fase di esercizio i sistemi FV producono energia elettrica senza emettere sostanze inquinanti. In assenza di questi impianti, la stessa energia solare pulita dovrebbe essere prodotta mediante fonti tradizionali (petrolio, carbone, gas naturale) per gran parte velenose e tossiche. È quindi chiaro come l’utilizzo della tecnologia FV evita che un certo quantitativo di inquinanti venga immesso nell’atmosfera, producendo evidenti benefici ambientali.

Creare un'alternativa energetica compatibile con il Parco in cui viviamo, in modo tale da farla diventare non un problema, ma una risorsa per uno sviluppo ecosostenibile della nostra regione, è certamente possibile. E poiché un territorio sano e pulito è una delle poche cose che ci rimangono, direi che è il caso di soffermarsi a riflettere.

Per chi volesse approfondire l’argomento, consiglio la visione del breve video riportato in basso.



Articolo di Marta Peluso

La parola del popolo non conta

Anno 2010, la domanda sorge spontanea: siamo già nel futuro o viviamo nel medioevo? Perché nonostante l’avvento tecnologico le dinamiche di sfruttamento messe in atto sugli oppressi sono ancora le stesse. Qualcuno si presentato come il presidente del cambiamento e di tutti, ma il dominio economico-culturale dei pochi sui molti non è certo finito. Cosa dire di una crisi economica mondiale che rende i ricchi ancora più ricchi ed i poveri ancora più poveri? Anche la FAO ha dichiarato un aumento della fame nel mondo, nonostante le proteste siano cresciute, ma le cose non sono cambiate. Il medioevo è ancora qui, e non rimane che chiedersi quando le cose cambieranno … per davvero! Per esempio parliamo del “Medioevo energetico”, esso è destinato a proseguire: le recenti scelte hanno dimostrato che chi ci governa non ha imparato nulla dagli errori nostri e altrui. Si prosegue su una strada senza uscita, di cui per altro si vede la fine ancora prima di imboccarla. Il governo Berlusconi e quello francese di Sarkozy insieme ad Enel ed Edf hanno siglato un accordo che detta le regole per una collaborazione sull’atomo dalla produzione allo stoccaggio. Dovrebbero essere, dunque, realizzate in Italia, entro il 2020, quattro centrali nucleari. Il governo italiano ha scelto al posto degli italiani e sulle loro teste. Ha scelto di imbarcarsi verso il nucleare.

Una scelta in grado di bruciare miliardi di denaro pubblico, mettendo a rischio l’intera popolazione. Viviamo in un’epoca dove le decisioni dei lavoratori non contano niente o vengono comunque pilotate. In un’epoca dove si vive di ricatti psicologici, dove per assenza di lavoro si è costretti a sottomettersi e a diventare schiavi, costretti ad orari di lavoro snervanti e che riducono l’essere umano in una “macchina da lavoro”. In una società dove contano solo le decisioni del governo, le leggi emanate mai a favorire il benessere della collettività, ma fatte “ad personam” favorendo sempre chi è già ricco. Una società dove dominano abuso di potere, schiavizzazione ed emarginazione degli immigrati, potere e violenza usati contro il popolo e sfruttamento dei più deboli; una società dove la parola del popolo non ha mai contato, non conta ora, e non conterà in futuro finché tutti non prendiamo coscienza e la smettiamo di sottostare a certe condizioni e ricatti da parte dei padroni del mondo, portando avanti i valori più importanti dell’essere umano, quali l’uguaglianza e la dignità.

Articolo di Natasha De Filpo

Chi è u' ciucciu e chi è u' re


 

Il sud Italia non pare molto diverso dal resto del sud del mondo: multinazionali che lo colonizzano o tentano di farlo, disoccupazione, emigrazione, emarginazione, disagio sociale, assenza di servizi degni di questo nome, scarsa istruzione, poche possibilità di accedere alla cultura, poche infrastrutture e chi più ne ha più ne metta.

Tuttavia come spesso avviene nei vari “Sud” del Mondo, anche in quello italiano ci sono tradizioni millenarie, una coscienza che quando si sveglia mette paura a qualsiasi padrone, bellezze uniche da salvaguardare, prodotti tipici di cui vantarsi, e tra tutte le contraddizioni del Sud esiste ancora gente valida e volenterosa che lotta quotidianamente per vivere in maniera onesta e dignitosa.

“U’Ciucciu e U’ Re” nasce con l’intento di mettere insieme almeno un pezzetto di Sud. Vuole essere uno strumento per unire, prima che le lotte, le persone, gli uomini e le donne che credono sia ancora possibile costruire un’altra società. Una società basata sull’uguaglianza, sul rispetto dell’ambiente e della collettività, senza sfruttati né sfruttatori; un mondo dove a governare sia la maggioranza delle persone e non una minoranza di massoni, mafiosi, venduti e corrotti.

U’ciucciu  è per noi il simbolo della fatica e della volontà, ma è anche il simbolo degli sfruttati di chi non ha voce. Il ciuccio, il somaro, l’asino, ha mille nomi e mille facce, è l’animale che ha sempre accompagnato i contadini nel loro lavoro, è sempre stato un fedele compagno a volte anche di sbronze. U’ciucciu fondamentalmente è un ribelle, lo si può prendere in giro o lo si può picchiare ma va sempre avanti e a dispetto di quello che si pensa è molto intelligente.

U’Re invece è il nemico da cacciare, lo sfruttatore, chi tiene quasi tutto per se e concede le briciole solo ai suoi amici più fidati o ai servi più umili e devoti. Ma badate bene anche lui ha mille facce. Nel nostro Paese, inteso come Italia, ne abbiamo tanti, anzi troppi Re. Anche nella Valle del Mercure e nel Pollino ce n’è qualcuno: sono quelli, che in questi anni, hanno tolto le speranze alla nostra gente, sono quelli che ci hanno ridotto al silenzio, ci hanno costretto ad elemosinare un lavoro che è un bisogno-diritto umano. Sono quelli che continuano a usare la carota ed il bastone per diventare sempre più potenti e ricchi loro e sempre più alienati e poveri noi.

Con questo periodico ci poniamo un obiettivo sicuramente ambizioso: vogliamo dare voce al somaro e abbattere il re. In poche parole vogliamo far crescere una coscienza collettiva e civica negli sfruttati della nostra Valle, dar loro la possibilità di esprimersi e di scegliere come governare il territorio; vogliamo cacciare invece tutti quelli che al bene comune mettono davanti gli interessi propri o dei loro amici.

Invitiamo tutti coloro si sentano un po’ ciucci ribelli o chiunque abbia qualcosa da dire, o da denunciare, o meglio ancora da proporre, a partecipare alla realizzazione di questo foglio. Come diceva Antonio Gramsci “Vivo, sono partigiano, perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”. Questo vale anche per noi, odiamo l’indifferenza e il piagnisteo di chi sa solo lamentarsi. Abbiamo deciso di smetterla con le lamentele e le critiche sterili e di passare all’azione.

Ormai sta per finire un anno molto movimentato per la Valle del Mercure, dalle elezioni a Viggianello e Rotonda alla continua lotta ormai vittoriosa contro la centrale ENEL del Mercure. Ci auguriamo che il nuovo anno sia un anno all’insegna del cambiamento e del progresso per questo territorio, vogliamo continuare la lotta e soprattutto desideriamo vincere contro i tanti Re che da troppo tempo ci comandano.