giovedì 27 maggio 2010

Lettera aperta all'Ente Parco Nazionale del Pollino da firmare e sottoscrivere


Cari amici, per iniziativa del Forum Stefano Gioia, si è scritta questa lettera di protesta, da mandare all'ente parco. La lettera deve essere fatta girare, e può essere firmata sia a livello individuale sia come associazioni.
L'obiettivo è di tempestare l'ente parco di mail per indurlo a fare marcia indietro sul centro polifunzionale.
L'iniziativa andrà a buon fine solo se sarà partecipata e se verrà percepita come azione di protesta dell'intera "società civile" del parco (associazioni, singoli cittadini, personalità del mondo della cultura, lavoratori).
Internet è un fondamentale mezzo di mobilitazione, a maggior ragione sul Pollino, in un territorio con paesi e abitanti dispersi dovunque.
Per questo fate girare l'appello con le istruzioni e firmate tutti.
Saverio detto l'Indio
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------


copiate il testo sottostante, incollatelo sulla vostra mail e speditelo al seguente indirizzo: ente@parcopollino.it

Oggetto: NO AL POLIFUNZIONALE DI CAMPOTENESE

Al Presidente dell’Ente Parco Domenico Pappaterra
Al Direttore dell’Ente Parco Annibale Formica
Al rappresentante della Legambiente Marco De Biase
Al rappresentante del WWF Gianni De Marco
A tutti i Sindaci dei Comuni del Parco Nazionale del Pollino
Ai tecnici, ai rappresentanti delle Università nel consiglio del Parco


Nel Parco Nazionale del Pollino ci sono 56 Centri Polifunzionali, che offrono cultura, tradizione, ambiente, gastronomia, arte, musica, educazione ambientale, archeologia, animazione, spettacoli, sentieri, informazioni, accoglienza, musei, teatro, si chiamano: San Lorenzo Bellizzi, Rotonda, Saracena, Cersosimo, Mormanno, Alessandria del Carretto, Sant'Agata d'Esaro, Frascineto, Terranova, Noepoli, San Paolo Albanese, San Severino Lucano, Teana, ecc, ecc.
Due Milioni di Euro potrebbero fare la differenza tra tenerli ancora aperti o chiuderli definitivamente.
L’Ente Parco ha già dimostrato la sua incapacità di rendere funzionanti i Centri Visite, perseguendo una politica di affidamento degli stessi che non valorizza le risorse umane del territorio, che non coinvolge gente competente, capace e volenterosa organizzata in associazioni, cooperative, singoli nella prestazione di servizi e informazioni.
Per cui riteniamo che la costruzione del POLIFUNZIONALE DI CAMPOTENESE sia superfluo, costituendo esclusivamente uno spazio di distrazione dalla messa in rete dei reali servizi offerti e dalla valorizzazione dei Centri Storici e politicamente contrario a quanto in anni di esercizio accademico sulle finalità del Parco sia stato propagandato e comunicato dagli stessi che oggi occupano i vertici dell’Ente.
Riteniamo inoltre che la realizzazione dell’opera, non scioglie i nodi della gestione, in quanto non si comprende chi e come dovrà gestire questa struttura, con il rischio che una volta realizzata resti chiusa e inutilizzata, come tanti esempi sotto gli occhi di tutti, o peggio il suo mantenimento graverà come una ipoteca sui bilanci dell’Ente distraendo fondi che dovrebbero essere utilizzati per l’ambiente: tutela delle specie rare, manutenzione del verde, della viabilità e dei sentieri, indennizzi ai comuni per il taglio dei boschi, indennizzi ai cittadini per i danni da fauna, per la realizzazione delle strutture di supporto alla fruizione turistica-escursionistica tuttora assenti e dei centri faunistici dedicati alle specie importanti come la Lontra, il Lupo, il Picchio Nero, ecc.
Siamo letteralmente sconcertati come i Sindaci dei nostri comuni, rappresentanti nell’Ente, abbiano avvalorato tale faraonico progetto che ha il significato di una pietra tombale sulle aspirazioni di sviluppo dei territori da loro amministrati. 2 milioni di euro sono pari 35.000 euro per comune, quanto basterebbe per realizzare una stanza imbiancata e attrezzata all’interno del quale un qualsiasi cittadino, una associazione, una pro-loco, potrebbe offrire informazioni, proiettare video, organizzare mostre, offrire servizi, dispensare materiali al fine di valorizzare il territorio che lo circonda. Con 35.000 un comune può realizzare una rete di sentieri, aree picnic, risanare sorgenti, pulire boschi che dia opportunità a famiglie ed escursionisti di fruire le risorse naturali.
Chiediamo ai rappresentanti delle Associazioni di assumere con determinazione il ruolo per quale sono stati nominati nel Consiglio del Parco, garanti della tutela ambientale e non notai di investimenti contrari alla "mission" delle aree protette.

Pertanto invitiamo il Direttore, il Presidente, i Sindaci, i rappresentanti delle Associazioni a fermare la costruzione di questa ennesima inutile “cattedrale nel deserto”.


Firma

U'Ciucciu & u'Re aderisce all'appello!!!

Domande e proposte per Viggianello


Agli amministratori di questo paese chiedo perchè , volutamente da un anno non hanno avviato alcune attività che avrebbero dato lavoro ai cittadini di Viggianello .Mi riferisco al centro diurno x anziani che darebbe lavoro agli assistenti , agli operatori della mensa , agli autisti ( ci sono due pulmini nuovi fermi da 1 anno e mezzo ).Mi riferisco al museo del territorio e soprattutto al rifugio De Gasperi il quale è stato ristrutturato con urgenza ( quindi senza gara di appalto ) ed è chiuso ormai da un anno. Esso riveste un ruolo fondamentale per Viggianello ,essendo una vetrina per tutto il territorio , ed è una vergogna che resti chiuso , nell' attesa vana che si effettuino i lavori per 600 mila € si potrebbe affidare a qualche giovane volenteroso e bisognoso di lavorare , con le dovute capacità professionali e tenere aperto così questo fondamentale servizio turistico .

Riassumendo per ridare slancio al paese si può avviare queste tre attività con costi minimi ( ammesso che i capponi smettano di beccarsi per aggiudicarsi il ghiotto boccone ) ,
sempre parlando di progetti già finanziati si può avviare l' orto botanico , la riqualificazione del centro storico e il progetto di borgo albergo , tanto sbandierato da 15 anni noni è mai partito ;
si può realizzare l' ascensore panoramico ( uno simile è a Portofino ) per i quali ci sono già i fondi e rivalutare l' area faunistica e dintorni che desta già molto interesse ai turisti che vengono a Viggianello.
Poi si dovrebbe partire con l'ultimazione dell' impianto di irrigazione della Valle del Mercure area Viggianello , progetto con cui si sono illusi per 15 anni gli agricoltori , mai realizzato e che potrebbe portare tanto lavoro e produzione di prodotti biologici e tipici ( c'è tempo fino al 2013 per reperire i finanziamenti ).
Quello che chiediamo agli amministratori è solo di darsi una mossa perchè il malato è in agonia e non abbiamo bisogno certo di pessimismo in queste circostanze , buon lavoro...

domande e proposte di Massimo Roberti

martedì 18 maggio 2010

Tasse,tasse,tasse le pagano le masse...anche quei pochi che restano a Viggianello


IL CONSIGLIO COMUNALE NELLA SEDUTA DEL 14 APRILE 2010, HA DELIDERATO UN AUMENTO DEL 94,90% DELLA TARIFFA DEI RIFIUTI

CIO' SIGNIFICA CHE SE UNA FAMIGLIA QUEST'ANNO HA PAGATO €.100,00 L'ANNO PROSSIMO PAGHERA' €.194,90,00 QUASI IL 100% IN PIU' - LA MIA IDEA E' QUELLA DI IMPUGNARE LA DELIBERA IN QUESTIONE E PROMUOVERE UNA RACCOLTA DI FIRME MANIFESTANDO COSI' IL DISSENSO A QUESTO AUMENTO.
NEMMENO SE FOSSE STATO DICHIARATO IL DISSESTO FINANZIARIO DEL NOSTRO COMUNE, GIUSTIFICHEREBBE UN TALE AUMENTO. "DATE VOCE" A QUESTA INIZIATIVA


da Angelo Caputo
per il comitato "dare voce"

martedì 11 maggio 2010

Unità d'Italia? Quella che volevamo noi era un'altra...


Questa è una mappa del brigantaggio meridionale del 1861. Lungi dal fare l'apologia dei briganti in toto, vogliamo però ricordare i tanti uomini e donne che hanno donato la vita contro le ingiustizie ed i soprusi dei Piemontesi. Per noi l'unità d'Italia è un processo incompiuto o meglio compiuto alle spalle del Meridione. Per approfondimenti sul brigantaggio vi consigliamo il sito http://www.brigantaggio.com/


Il PD invita ad iscriversi? Noi rispondiamo con una risata...






sabato 24 aprile 2010

sono PARTIGIANA, sono PARTIGIANO

Sono partigiano, perciò odio chi non parteggia. Odio gli indifferenti.

Le parole del Antonio Gramsci ben racchiudono lo spirito della festa del 25 aprile. Sono passati ormai 65 anni da quel 25 aprile del 1945 giorno in cui il CNL lanciava l’insurrezione nazionale liberando Milano dall’occupazione nazifascista. Anche la popolazione civile insorse e vaste zone dell’Italia settentrionale vennero liberate prima dell’arrivo delle truppe anglo-americane che, dopo aver superato l’ultimo ostacolo della linea Gotica in Toscana, incalzarono le truppe tedesche in ritirata nella pianura padana.

Una storia troppo spesso dimenticata; la storia di uomini e donne che hanno parteggiato, che hanno deciso di schierarsi e non vivere in quella indifferenza che sembra essere una caratteristica costante nel nostro paese.

Si celebra per ricordare ma se da un lato la memoria dovrebbe insegnare a non commettere gli stessi errori dall’altro alimenta una sorta di indifferenza nei confronto del presente. Ci fa pensare che ciò che è stato è stato, che non può riproporsi sotto altre forme. Ci dà degli schemi consolidati di cosa è una dittatura, di cosa è una guerra, di cosa è il fascismo, schemi che vengono interpretati solo nel contesto storico-sociale di quegli anni e che rimangono lì, nella memoria. È così che non riusciamo a vedere per esempio quanto una legge elettorale del 2006 sia simile alla legge Acerbo del 1923, quanto la retorica politica dei giorni nostri sia demagogica come quella mussoliniana , quanto non siamo liberi di pensare, quanto i nostri bisogni siano creati e allo stesso tempo soddisfatti dalla società, quanto la libertà assomigli alla schiavitù.

Si depongono fiori sulle tombe dei partigiani, si ricorda che la nostra democrazia è merito del loro sacrificio ma non si impara mai che un bene che si conquista va difeso ogni giorno con tutte le armi che si hanno a disposizione.

Un giorno durante un mercatino del biologico nella piazzetta di Casalbertone sono arrivati dei fascisti per attacchinare dei manifesti in quartiere. Non ricordo come andò la storia ricordo solo le lacrime di un uomo. Erano le lacrime di Zaccaria Verucci, un’ex staffetta partigiana. Un uomo capace di andare oltre quegli schemi prestabiliti di cui ho parlato e di vedere come ciò contro cui allora ha lottato esiste ancora e in forme non poi tanto diverse.

Domenica Donato

lunedì 15 marzo 2010

La satira continua....




Cosa pensate che sia il PD? Un partito d'opposizione? Forse un contenitore di idee? Perchè non un bel ristorante? Tanto ormai hanno imparato anche i PDisti a cucinare...anzi forse no, a loro interessa solo mangiare!!!



giovedì 11 marzo 2010

Anche la lontra è a rischio come tutti gli abitanti della Valle del Mercure







Lettera di risposta all'articolo del Quotidiano della Basilicata sulle biomasse

Gentile Pezzano, le scrivo in merito all'articolo apparso sul Quotidiano della Basilicata, Biomasse: tesoro verde lucano, che riguardava uno studio condotto per conto dell'Enea in cui si parlava di potenzialità della Basilicata in termini di biomasse. Scopriamo in questo articolo che la Basilicata non è la regione delle splendide montagne del Pollino, dei calanchi di Carlo Levi, dei Sassi di Matera, dell'aglianico, dei borghi e dei castelli, della piana di Metaponto con la sua ricchezza agricola, delle tradizioni, dei prodotti tipici, della cultura e dell'archeologia.. del mare di Maratea. Il tesoro della Basilicata sono le biomasse. Ora, anch'io potrei essere d'accordo sulle centrali a biomasse, se di piccole dimensioni e in presenza di grandi piantagioni che producono grandi quantità di scarti vegetali, ma nell'articolo si fa letteralmente "di tutte le erbe un fascio", mettendo assieme nel concetto di biomassa, paglia, sterpaglie, vinaccia, latifoglie e conifere (ci mettiamo anche qualche bel pino loricato?)... e chi più ne ha più ne metta. Ciò che si contesta nell'articolo è il presentare la biomassa acriticamente, senza analizzare il possibile impatto ambientale che può presentare nel caso dello sfruttamento forestale e senza discutere della reale natura delle centrali a biomasse, in un periodo nel quale proprio la Basilicata è stata attraversata da mobilitazioni dei cittadini che hanno impedito nel nostro territorio - e con le dovute ragioni - proprio l'apertura di centrali a biomasse che vengono presentate come ecologiche, ma che ecologiche non sono. Prendiamo in esame l'esempio più eclatante. Si parla di potenzialità produttive dei boschi in termini di biomassa proprio in un momento in cui questa questione è stata esacerbata dalla faccenda della centrale Enel della Valle del Mercure. Questa vicenda mostra tutta la criticità che può presentare l'apertura di un impianto a biomasse: innanzitutto la centrale è situata in un Parco Nazionale, che dovrebbe essere preposto a ben altre cose piuttosto che allo sviluppo di "energia rinnovabile"; la centrale avrebbe messo a rischio proprio i boschi del Pollino, che rappresentano ecosistemi delicati e con una biodiversità unica; c'era il rischio che l'impianto, per le sue grosse dimensioni utilizzasse anche rifiuti, con tutti i rischi connessi alla salute dei cittadini che popolano la valle; gran parte della biomassa sarebbe stata importata: la cosa grottesca è che magari avremmo visto arrivare nella nostra centrale cippato (e quanta energia è necessaria per l'importazione della biomassa?) proveniente dalla deforestazione dei paesi del Terzo Mondo...magari dell'Amazzonia!
Lo studio condotto dall'Università della Tuscia evidentemente concepisce la Basilicata come se fosse il Canada o la Svezia. Non abbiamo certo una copertura forestale tale da permettere uno sfruttamento industriale delle nostre ben modeste foreste! Inoltre un bosco può presentare importanti valori paesaggistici, ambientali, culturali che, se danneggiati, porterebbero anche a ricadute occupazionali nell'ambito del turismo, che in Basilicata è una risorsa da sempre ritenuta potenzialmente importante. Per conto mio poi rifiuto totalmente la logica assolutamente "mercantile" che si ricava dalle osservazioni della professoressa Anna Barbati che ha coordinato lo studio di cui si parla nell'articolo:«I dati riportati nel dataset dell'Atlante - spiega Anna Barbati, professoressa del Disafri dell'ateneo di Viterbo - indicano la quantità di biomassa effettivamente ritraibile dal bosco per fini energetici; si tratta solo di una frazione del tasso naturale annuale di accrescimento del bosco, dunque si mantiene la riproducibilità della risorsa (il “capitale” rimane intatto e continua ad accrescersi nel tempo); in un'ottica di sostenibilità ambientale dell'uso della risorsa legnosa abbiamo ritenuto opportuno introdurre restrizioni al prelievo rispetto al potenziale massimo di produzione, anche nelle condizioni stazionali più favorevoli alla meccanizzazione delle utilizzazioni forestali; si deve inoltre considerare che la stima tiene conto delle limitazioni connesse all'accessibilità dei soprassuoli forestali, che condizionano l'ambito di convenienza economica delle utilizzazioni. " La professoressa parla di un bosco ma sembra stia parlando di una banca!!! Questo è un bell'esempo di approccio "scientifico" (direi anzi economicistico) alla natura slegato da ogni considerazione relativa ai valori di tutt'altro tipo, ovvero ambientali, culturali, spirituali, che può presentare un bosco!
Bisogna poi fare chiarezza sull'importanza biologica che la biomassa presenta in un bosco. Biomassa non è solo " frazione del tasso naturale annuale di accrescimento del bosco". Sui boschi vorrei citare le considerazioni di Franco Zunino, segretario dell'Associazione Italiana Wilderness, fatte proprio a proposito della centrale Enel della Valle del Mercure: "assolutamente inconcepibile è una loro gestione al fine di sottrarre “industrialmente” alle foreste proprio la biomassa di cui hanno bisogno per crescere e per preservare tutte le lorocomponenti (non per nulla le stesse leggi forestali hanno sempre impedito ilsottrarre ai boschi quella che oggi viene tanto pomposamente chiamata “biomassa rinnovabile”, come se fosse un prodotto da commercializzare!). Un prodotto chel’ENEL definisce, appunto, “risorsa pulita e rinnovabile”, ma che in realtà in una filiera naturale essa non è affatto rinnovabile, bensì “accumulabile”, ilche è una cosa diversa, ed anche fondamentale per il futuro delle foreste: la terra su cui crescono e si rinnovano altro non è che biomassa accumulatasi permillenni".
Una cosa la voglio ribadire. Come si vede anche l'università, ormai asservita alle logiche imprenditoriali dello "sviluppo sostenibile" fa la sua parte nel collaborare con quelle multinazionali che vorrebbero sottomettere la Basilicata alla speculazione delle multinazionali dell'energia, rinnovabile e non rinnovabile.
La Basilicata non è "legna da ardere", nè discarica di scorie, nè petrolio da estrarre. Altre sono le sue risorse e potenzialità. Che potrebbero svilupparsi se si desse la possibilità a 2000 giovani l'anno di non emigrare e di mettere al servizio della propria terra cultura, capacità e sensibilità!
Lei da giornalista ha fatto il suo dovere, riportando i risultati dello studio. Ma dovrebbe anche ritenere opportuno di segnalare (e magari pubblicare) le critiche che i cittadini hanno fatto e faranno al contenuto vizioso di questo articolo. La democrazia lo esigerebbe.
Saverio De Marco
(Forum Stefano Gioia)


Ricordiamo a tutti i nostri lettori che è possibile firmare la petizione on line per lo smantellamento della centrale ENEL del Mercure sul sito http://www.firmiamo.it/noallacentralevalledelmercure firmate e fate firmare!!!

sabato 6 marzo 2010

Le Poesie del Ciuccio...questa è "Quannu 'u gaddu canta"

Scititi scititi scititi figghiu mia

Scitatateve scitateve scitateve gente meia


Su 40 anni ca i matr vost’ si gauz’nu ai cinqu i matina

Pigghianu nu pustal e vanu a fatiga pi quattr sold'

Scititi scititi scitit figghiu mia

Scitateve scitateve scitateve gente meia

Ca qua su cient’anni ca i giuvin partun e nun si ricogghiun


Rivigghiateve figghi i sta terra


Ca qua su sissant’anni ca nun ha finita a guerra

Ca cu tena i soldi si ricria e cu nun tena nente s’allamenta

Iè na vita sana ca i signuri ni cummananu e nuoi vasciamu a capu

e nuoi vasciam a capu


Scititi scititi scititi terra meia

Scitateve scitateve scitateve giuvin fort


Ca serv na liziun a tutt quant, ca serva n’atu munnu

Ca serva natu iurno i sole, na muntagna a superà e nu cielu a conquistà


domenica 28 febbraio 2010

S'a cintrala iera bona na purtavun a nuoi???



Wanax ci invia questa bella foto molto significativa su quello che potrebbe essere il nostro futuro da qui a breve se non blocchiamo quello stupido progetto dell'Enel di riaprire la centrale del Mercure.

Come già gridato e scritto negli striscioni della manifestazione del 5 settembre scorso:
"Enel basta palle. Andate fuori dalla Valle...Nuoi Qua Sumu!!!"

sabato 27 febbraio 2010

Arriva anche la madonna del perpetuo soccorso




(per ingrandire cliccate sull'immagine)

Sempre da Nicozazo riceviamo e pubblichiamo questo bel disegno di una madonna che corre in soccorso dei poveracci lucani e picchia con un bastone uno dei tanti padroni della nostra terra.

Dietro alla madonna si vedono delle centrali nucleari ed una centrale a biomasse...ci ricorda sicuramente qualcosa!!

Facciamo in modo da non avere bisogno della madonna per liberarci da questi signori e signorotti che stanno devastando la nostra Terra. Invece di chiedere a qualche essere inesistente di liberarci dal male facciamo da noi che almeno siamo sicuri...

Vi lascio con il ritornello della canzone "malarazza" : "Ti lamenti ma che ti lamenti, pigghia lu bastun e tira fuori li denti"



Lezioni di democrazia ad uso paisano

Riceviamo e volentieri pubblichiamo le vignette di Nicozazo, che prova a spiegarci la democrazia in Basilicata attraverso parole ed immagini. Pubblichiamo la lezione numero 1 di democrazia ad uso paisano che in questo periodo di campagna elettorale in vista delle regionali mi sembra molto azzeccata. 

(per ingrandire l'immagine cliccateci sopra)




Quindi cari tutti e care tutte attenzione, quando vengono i candidati alle prossime regionali a casa vostra e vi offrono posti di lavoro per i vostri figli o la luce o i lampioni ecc voi offritegli da bere, offritegli da mangiare, ma possibilmente gli scarti, quelli che solitamente date ai cani.

Il voto si chiede sulla base delle cose realizzabili e delle cose già fatte e non di certo sulla base dei favori personali. Se qualcuno viene a dirvi io non vi prometto nulla ma spero di fare bene il mio lavoro e per questo avrò bisogno della vostra partecipazione, il discorso cambia...ma non penso ne troverete molti che faranno così.

Saluti Somari


martedì 23 febbraio 2010

Vignetta anti-Frittella

la vignetta è gentilmente concessa dall'Indio



Questa vignetta è libera chiunque abbia voglia di utilizzarla lo può fare tranquillamente...visto che a noi piace coglionare i sovrani!!!

Libertà è partecipAzione



Martedì 9 febbraio 2010 a Viggianello si è costituita l’associazione PartecipAzione Per il Bene Comune. L’idea nasce da un gruppo di persone che avevano già manifestato in passato l’intenzione di dare vita a un movimento politico-culturale-ambientalista indipendente, senza scopo di lucro, aconfessionale ed apartitico. Nasce da una promessa fatta ai cittadini di Viggianello nell’ultima campagna elettorale dalla lista civica “Per il Bene Comune”, ma i soci fondatori tengono a sottolinearne la completa apertura a tutti coloro i quali condividano le finalità e gli intenti dell’associazione stessa.

Tra gli obiettivi basilari che sarà perseguito dall’associazione ci sarà quello di incoraggiare il modello della democrazia partecipativa, coinvolgendo la popolazione attraverso incontri periodici nelle contrade al fine di raccogliere proposte, informare e sensibilizzare la gente su tematiche di interesse collettivo facendo in modo che chiunque possa rendersi conto di ciò che gli accade intorno e non rassegnarsi ad accettare passivamente le scelte imposte dall’alto.

Nei piccoli centri come il nostro, infatti, i cittadini potrebbero facilmente contribuire all’amministrazione della cosa pubblica 365 giorni all’anno utilizzando quegli strumenti di democrazia diretta consentiti dalla legge, quali forme di partecipazione popolare o referendum, che siano volti a garantire la trasparenza e l’affidabilità dell’azione amministrativa. Anche perché può facilmente accadere che coloro ai quali viene delegato il potere politico “dimentichino” gli impegni presi prima di essere eletti e si comportino poi diversamente da quanto abbiano fatto intendere in precedenza.

Un’altra finalità dell’associazione consisterà nel favorire politiche incentrate sullo sviluppo sostenibile del territorio, puntando in particolare sull’agricoltura, sul turismo e sulla tutela dell’ambiente. Garantire una qualità di vita migliore per il presente vuol dire infatti evitare di mettere in pericolo possibilità di crescita delle generazioni future.

Pieno sostegno, dicono i soci, sarà dato inoltre all’intero gruppo di minoranza, che ha facoltà di esprimersi con proposte alternative o di denunciare irregolarità che volontariamente o meno possono essere commesse da chi è delegato ad amministrare il Comune. L’opposizione deve essere messa nelle condizioni di poter fare con serenità il proprio lavoro, vigilando sulle azioni e sulle delibere prese dalla maggioranza la quale non deve sentirsi assolutamente legittimata a prendere decisioni senza consultare l’intera compagine amministrativa, soprattutto se da questa vengono avanzate idee più o meno valide.

Ciò soprattutto per evitare che tutti, o meglio, tanti, paghino poi i danni di investimenti scellerati (vedasi piano regolatore, Multiservizi, terremoto e via dicendo) che danneggiano il comune, i dipendenti e gli operatori.

Ad aprile, nei giorni delle festività pasquali, ci sarà la presentazione pubblica dell’associazione. Verrà illustrato lo statuto con tutte le sue finalità, saranno accolti suggerimenti e consigli, si forniranno indicazioni riguardanti la sede, i recapiti e la bacheca dove potersi informare sulle diverse iniziative che verranno intraprese volta per volta sul territorio.

Tutta la popolazione di Viggianello e, in senso più esteso, della valle Mercure, è invitata da ora a partecipare.

 

articolo di Marta Peluso

giovedì 11 febbraio 2010

Puzza di soldi

O meglio, soldi che puzzano. Sono quelli portati in scena dall’inossidabile Ulderico Pesce,
che con il suo spettacolo asso di monnezza, ripercorre tutta la storia del problema dello smaltimento dei rifiuti in Italia dagli anni ’90 fino ad oggi. Vent’anni di smaltimenti illegali e di interramenti di scorie radioattive, rivissuti attraverso la rievocazione di nomi tra i più illustri della storia politica italiana…da non perdere.
Protagonista della storia è Nicola, che è in continuo contatto con titolari di fabbriche e industrie del nord Italia, suo compito è togliere loro i grattacapi circa lo smaltimento dei rifiuti prodotti, facendosi pagare profumatamente. A contrastarlo, c’è la moglie che al contrario è impegnata nella raccolta differenziata dei rifiuti, e gira casa per casa aiutata dai suoi due figli.
Attraverso il racconto del suo pseudo-lavoro, vengono messi alla luce fatti e misfatti, nomi eminenti della storia politica italiana, soldi pubblici magicamente scomparsi o utilizzati ad personam, e la classifica delle più grandi discariche italiane tra le quali spicca quella di Malagrotta, la più grande d’Europa appena fuori il GRA, immersa nella campagna romana tra pascoli, allevamenti, caseifici e campi coltivati.
Oltre a questo, l’artista pone in risalto il problema dello sconvolgimento degli ecosistemi ed in particolare delle rotte migratorie di diverse specie di uccelli; infatti, i laghi artificiali creati per nascondere le scorie e i rifiuti, sono diventati delle grandi oasi di sosta per molte specie di volatili, ed hanno letteralmente deviato i flussi migratori, oltre ad avvelenare gli uccelli che sostano per bere e riprodursi. Magistrale e commovente la scena che l’artista interpreta raccontando la storia di una femmina di gruccione che invano tenta di salvare i suoi piccoli.
Uno spettacolo che susciterà dapprima il riso, poi lo sconforto, la rabbia, l’amarezza ed il pianto ed un applauso infinito, oltre alla sensibilità degli spettatori nel criterio di selezione della spazzatura domestica.
Come ogni piece firmata Ulderico Pesce, c’è a seguito di essa una petizione con la quale si chiede che venga finalmente introdotto nel Codice penale il reato contro l’ambiente, che in italia è contemplato solo nel codice civile, mentre in tutto il resto d’Europa è reato penale.
Si chiede ancora che venga chiusa la discarica di Malagrotta aRoma e bonificate le aree delle discariche dismesse, l’assoluto diniego di finanziamenti per la costruzione di nuovi inceneritori, aiuti economi verso Enti pubblici che promuovono la raccolta differenziata porta a porta, la creazione di una Commissione Europea che indaghi sulle responsabilità dei politici italiani circa la gestione del ciclo dei rifiuti in Campania e relative infiltrazioni malavitose. Infine si chiede di aumentare i controlli per quanto riguarda lo smaltimento dei liquidi nocivi anche nelle aziende produttrici di compost per l’agricoltura.
Sul sito dell’artista è disponibile la pagina dove poter firmare anche altre petizioni di altrettanta importanza;c’è bisogno di 5000 firme, per poter poi inoltrare la richiesta e sperare che si trasformi in legge.



                                                                                                                             articolo di Nicola Iannella

p.s. per firmare la petizione andate sul sito www.uldericopesce.com

domenica 31 gennaio 2010

Come abbiamo sconfitto l'Enel

 
La lotta contro la centrale Enel nella Valle del Mercure 

La centrale Enel della Valle del Mercure è situata tra Calabria e Basilicata all’interno del Parco Nazionale del Pollino. L’impianto aveva funzionato negli anni sessanta prima a lignite e poi ad olio combustibile. Già negli anni sessanta, anche quando non esisteva il parco nazionale la comunità della Valle del Mercure aveva condotto contro la centrale una battaglia molto dura. L’impianto rimase in funzione fino a metà degli anni ’90, poi chiuse. E’ di circa cinque anni fa il tentativo dell’Enel di riaprire l’impianto convertendolo a biomasse e a CDR (combustibile derivato da rifiuti). Anche all’epoca la popolazione del territorio del Pollino si mobilitò ed evitò la riapertura della centrale. L’Enel ci ha riprovato nell’estate di quest’anno, proponendo che l’impianto funzionasse a 35 invece che a 50 megawatt ed ottenendo tutte le autorizzazioni necessarie. Oltre che dalle regioni di Basilicata e Calabria l’autorizzazione viene anche dall’Ente Parco del Pollino, un’istituzione che, almeno sulla carta, dovrebbe essere preposta alla tutela dell’ambiente e del territorio. La popolazione allarmata scende subito in campo. Si mobilitano subito i comuni di Viggianello e Rotonda, gli ambientalisti, contadini, lavoratori e studenti anche emigrati. 

Perché la comunità locale della Valle del Mercure non ha voluto che la centrale riprendesse i lavori? L’Enel presenta la riconversione dell’impianto a biomasse come un’operazione che consentirà di produrre energia pulita da fonti rinnovabili. Nei suoi comunicati l’Enel (che spediva automaticamente mail arroganti ai firmatari della petizione online) parla del progetto come un’applicazione dei dettami del protocollo di Kioto, come un’occasione per salvare l’ambiente e creare contemporaneamente occupazione. Il problema è dove reperire la biomassa necessaria a produrre energia pari a 35 megawatt. L’Enel lascia intendere nei suoi comunicati che la biomassa potrebbe essere reperita “in loco”, appaltando alle ditte del legname lavori di pulitura dei boschi del Pollino (leggi: tagli boschivi). La conclusione dell’Enel è a dir poco grottesca e dimostra come spesso il tema della salvaguardia dell’ambiente possa essere completamente travisato  per asservirlo agli interessi economici delle multinazionali. Quella dell’energia pulita adesso diventa una bella scusa per fare profitti ( e non dimentichiamo che l’ Enel cita anche tra le fonti di energia pulita le… centrali nucleari!). In sostanza, l’Enel lascia intendere che per produrre biomassa sia necessario bruciare gli alberi dei boschi del Pollino. Logica vorrebbe che i boschi, proprio per il fatto di essere compresi in un’area protetta, dovrebbero essere lasciati in pace. Ma la logica ecologista dell’Enel è diversa.  Non ci meravigliamo di questo. Il capitalismo tratta qualsiasi cosa come merce. Un albero, un bosco, non hanno valore in sé, acquistano valore solo in presenza di un utile: nel migliore dei casi la loro valorizzazione è attuata a scopi turistici, nel peggiore dei casi a scopi industriali! Il Pollino non è l’unico caso al sud interessato dai danni della schizofrenia (pseudo)ecologista delle  multinazionali, in quanto ad esempio a Cotronei, in Calabria, è stato autorizzato il taglio di querce secolari da bruciare in tre centraline a biomassa. Certo non bisogna essere pregiudizialmente contro le centrali a biomasse. Le centrali a biomasse possono anche essere utili, ma se di piccole dimensioni (di sicuro non a 35 megawatt!) e situate in prossimità di stabilimenti o piantagioni che utilizzano enormi quantità di scarti vegetali (zuccherifici, segherie, risaie ecc.)… non certo in un parco nazionale! Anche perché, pur tralasciando il valore dal punto di vista estetico e naturalistico di una foresta e ragionando in termini strettamente ecologici, questa stessa foresta non può essere considerata in senso stretto una fonte di energia rinnovabile, soprattutto perché i tempi di “rinnovabilità” di un albero sono estremamente lunghi!  

 

La questione della centrale dell’Enel del Mercure non riguarda però solo il problema dei tagli boschivi. Il rischio rappresentato da una centrale con tale potenza energetica era quello che l’impianto potesse trasformarsi tout court in un inceneritore di rifiuti. Non ci vuole tanto per passare dal CDR ai rifiuti veri e propri. Pensiamo a quali conseguenze dannose si potrebbe pervenire, in termini di inquinamento dell’aria e delle falde acquifere, dall’incenerire qualcosa come 35 megawatt di rifiuti… Per la criminalità organizzata la centrale Enel avrebbe rappresentato un grosso affare. Questa è stata anche l’opinione di un ex giudice come De Magistris che evidentemente conosce gli affari che si muovono nel territorio calabrese. La criminalità organizzata avrebbe probabilmente controllato la gestione degli appalti dei lavori generati dall’indotto della centrale ed enorme sarebbe stato il rischio di traffici di rifiuti da incenerire nell’impianto (la questione della nave dei veleni venuta alla ribalta negli ultimi mesi la dice lunga sui traffici nascosti che avvengono sul territorio meridionale!). Va detto anche che all’interno del sito dell’impianto già sono  seppellite quantità probabilmente anche consistenti di rifiuti tossici: cinque anni fa furono proprio i carabinieri a sequestrare il sito per avere accertato la presenza di questo tipo di rifiuti. Altro che centrale a biomasse… il sito andrebbe bonificato! Tutti questi rischi sociali e ambientali erano compensati dalla creazione di soli 35 posti di lavoro effettivi (nella centrale cioè) a fronte di inevitabili ricadute occupazionali nell’ambito di settori come l’agricoltura e il turismo (che dovrebbero rappresentare i settori chiave dell’economia di un’area protetta). Ma veniamo alla mobilitazione.

 La protesta dei comitati e delle asscosiazioni comincia con i presidi sotto la sede dell’Ente Parco, in occasione delle riunioni del consiglio direttivo. Si organizza una petizione online che in poche settimane raccoglie migliaia di firme. La parola d’ordine del forum delle associazioni e dei comitati diventa quella delle dimissioni del presidente dell’Ente Parco Domenico Pappaterra, per avere dato parere favorevole alla riapertura della centrale. Le dichiarazioni di Pappaterra dimostrano fino a che livelli è arrivata l’ignavia dei politicanti  posti alla direzione dell’ente. In pratica si dice ai comitati: “non prendetevela solo con noi; non siamo stati solo noi a dare le autorizzazioni all’Enel; c’entrano anche le regioni e le province di Calabria e Basilicata… andate a manifestare anche sotto le loro sedi!” Questi  politici provenienti dalle fila del Pd evidentemente non hanno un’opinione, non riescono a prendere una decisione? All’inizio sono pronti a servire gli interessi dell’Enel, poi, temendo il “volgo”,  fanno subito marcia indietro. Questo comportamento è anche esemplificativo di cosa siano diventati  in realtà gli enti di gestione dei parchi nazionali. Più che istituzioni di tutela ambientale e di sviluppo del territorio sembrano più che altro organi burocratici con a capo politicanti e funzionari senza competenze sull’ambiente; strutture che manovrano ingenti quantità di denaro pubblico, che spesso viene utilizzato per progetti inutili e costosi, con conseguenze spesso dannose per l’ambiente e il paesaggio. Evidentemente i dirigenti dell’ente cominciano a temere la mobilitazione della popolazione e sotto la pressione dei comitati sono obbligati a mettere in discussione le decisioni precedentemente assunte. Anche la posizione di Pittella, parlamentare europeo e uno dei grandi “feudatari” del Pd al sud, è adesso quella di “né aderire né sabotare”.

La svolta decisiva nella vicenda si ha con l’imponente manifestazione popolare del 5 settembre 2009, una delle più grandi manifestazioni tenutasi nel territorio del Pollino. Certo, alla mobilitazione il corteo non arriva a contare più di tremila persone. Ma in un territorio con comuni che popolati in media dai 1500 ai 3000 abitanti anche poche migliaia di persone possono rappresentare tanto. Colpisce la varietà di persone presenti alla manifestazione: ci sono studenti medi e universitari, ambientalisti e contadini, pastori e insegnanti o professionisti. Vecchi e giovani, donne e uomini provenienti dai comuni della Valle del Mercure e delle valli limitrofe. A portare la solidarietà alla lotta ci sono anche sindaci di comuni lontani, della Calabria e della Basilicata. Tanti sono gli striscioni nel corteo che ribadiscono il no alla centrale e all’atteggiamento di rapina dell’Enel. Tante sono anche le bandiere rosse e i compagni che si sono prodigati per organizzare la manifestazione. E’ presente anche uno spezzone regionale del Prc. Molto importante è stata la mobilitazione delle associazioni ambientaliste di base, quelle cioè che operano concretamente sul territorio. Ma il dato più importante è la partecipazione della gente comune, di operai, studenti e contadini senza i quali la mobilitazione non sarebbe stata così imponente. La sensazione è quella che ci sia una comunità intera, di popolo, che sia scesa  in campo per difendere sé stessa,  la propria terra e, quel che è più importante, la propria dignità. La mobilitazione ottiene un primo successo con la sospensione da parte dell’Ente Parco, per 40 giorni,  del parere favorevole dato alla riapertura della centrale. L’Enel protesta affidandosi alla questione della legalità, in quanto la società aveva ottenuto tutte le autorizzazioni.  L’Ente Parco, ormai sovrastato dalla forza della mobilitazione, è costretto a prendere atto della volontà popolare ed a schierarsi con il forum dei comitati. La conclusione definitiva della vicenda si ha con la posizione dell’Avvocatura di Stato di Potenza che boccia il progetto dell’Enel facendo valere il diritto delle popolazioni all’ “autotutela”. L’Ente Parco può  ritirare finalmente il parere favorevole (la comunicazione che revoca ufficialmente il parere favorevole risale al 28 ottobre). Proprio la conclusione della vicenda la dice lunga su cosa rappresentino  in realtà le belle parole come “legalità” e “democrazia”. Certo, per aver ricevuto le autorizzazioni era legale che l’Enel riaprisse la centrale degradando il territorio. E’ legale, dopo il parere dell’Avvocatura di Stato, la bocciatura del progetto. Ma questa conclusione all’insegna della “legalità”  è subentrata solo dopo un’imponente mobilitazione popolare. La mobilitazione ha dimostrato che ciò che  viene presentato come legale non è giusto, e anzi spesso è antidemocratico. Sono stati i comitati e le associazioni a ristabilire la verità facendo valere le proprie ragioni di giustizia contro l’Enel e contro quei politici che dovrebbero rappresentare gli interessi del popolo ma che come si sa cedono facilmente ai ricatti e alle lusinghe del capitale. Questa e altre lotte come Scanzano dimostrano che non è possibile delegare a nessuno la salvaguardia del proprio territorio. Bisogna agire attraverso i comitati, che sono quelle strutture democratiche di base che assicurano la più ampia partecipazione. E’ necessario adottare una prospettiva di lotta unitaria che coinvolga il maggior numero di persone, soprattutto i giovani, che dia modo a quelle energie positive di cambiamento che covano nella società di uscire allo scoperto, di  autorganizzarsi per avanzare una prospettiva anticapitalistica di cambiamento, una prospettiva che sia fondata mai come oggi sulle parole d’ordine della  resistenza e del movimento.    

                                                                                         

                                                                                                                                          articolo dell'Indio

 

domenica 24 gennaio 2010

Il Quotidiano della Basilicata pubblica un articolo sul ciuccio...firmato Dario Caputo

Viggianello Un nuovo giornale

Quando il ciuccio fa le pulci al sovrano

VIGGIANELLO - Una nuova forma d'informazione si fa avanti, una forma d'informazione
libera e senza peli sulla lingua; ecco come nasce questa nuova iniziativa a Viggianello, il paese delle ginestre.
“U'Ciucciu e u'Re”, questo il titolo di questo nuovo foglio d'informazione, mira a diventare un mezzo per tutti coloro che non hanno voce, un mezzo per porre domande ma anche per cercare
soluzioni alla miriade di problemi che affliggono la nostra Valle. Buono è stato il riscontro alla prima uscita di questo mensile che sarà distribuito gratuitamente su tutto il territorio.

Parla Antonio Vitale, il Responsabile de “U'Ciucciu e u'Re”.

Come e quando è nata in te l'idea di far nascere questa nuova forma d'informazione?


L'idea mi balena da tempo, ma verso novembre insieme ad altri ho pensato che fosse necessario muoversi. La Valle del Mercure è un territorio stranissimo, a metà tra Calabria e Basilicata. Spesso quest'area è stata abbandonata dalle Istituzioni delle due regioni e dai politici che se ne
ricordano solo nei periodi elettorali. Ho pensato che è necessario un protagonismo popolare per ridare vita e spingere per una nuova forma di sviluppo per l'intero territorio.

Perchè quel titolo?

Anche in questo caso ho pensato al territorio; u'ciucciu è un animale simbolo per tutti i contadini e il nostro popolo. Il somaro è simbolo del lavoro, della volontà ma anche della ribellione e della testardaggine. Il re invece è il simbolo del potere, usato ed abusato che va cacciato.Noi ci poniamo l'obiettivo ambizioso di portare una vera trasformazione...vogliamo che a governare siano iciucci. Intesi come i più deboli e quelli che lavorano. Non più i tanti parassiti che abbondano in tutta la Basilicata e non solo.

Un sogno o un possibile traguardo?

Tutti i sogni, anche quelli più difficili da realizzare, possono trasformarsi in realtà, però è necessario crederci. Ma è necessario che questo sogno diventi anche di altri. Da soli non lo realizzeremo mai, la nostra speranza è anche quella di far crescere una coscienza civica che favorisca la partecipazione popolare.


Nei piccoli centri domina l'apatia, la non voglia di mettersi in gioco. Come sovvertire tutto ciò?

Intanto facendo luce sulle tante malefatte dei politicanti e degli speculatori locali. Poi è necessario ridare speranze ed alternative alle persone, far capire che se si abbandona la paura di cambiare ci aspetta una vita migliore. Più giusta, equa e felice. Il raggiungimento della felicità può essere la chiave per far risvegliare le coscienze.

Sulle malefatte dei politici si è sempre fatta luce e alla fine si è spento tutto ma si è spento tutto non per i poteri politici ma proprio per l'apatia dei cittadini.

Certo non possiamo essere stupidamente ottimisti, anzi. La storia però ha insegnato che sono i popoli, anche quelli che paiono assopiti, che cambiano il mondo. Bisogna crederci,ma non fideisticamente. Bisogna dotarsi dell'ottimismo della volontà e non chinare la testa. Siamo testardi come i ciucci in fondo.


E'una visione molto ottimistica delle realtà locali...


No, ripeto non sono per niente ottimista. Mi rendo conto che le difficoltà sono enormi. Ma l'alternativa sarebbe quella di rinchiudersi dentro casa a fare la propria vita. Di certo non è il mio caso. Non sono disposto a cedere all'individualismo, sono convinto che senz ail bene di tutti anche la mia vita non sarebbe soddisfacente. Preferisco prendere cantonate, piuttosto che arrendermi a questo imbarbarimento della società.


Come vedi le realtà locali,
Viggianello in primis,
da quì a un po’di anni?


Senza un'alternativa ed un momento forte di cambiamento anche nella mentalità delle persone vedo le realtà dei piccoli comuni del sud spopolate e senza speranze. Noi abbiamo il dovere storico di lavorare per fare in modo che ciò non avvenga. Ma per fare questo serve coraggio, solidarietà ed apertura


Come vedi le nostre classi dirigenti, a tutti i livelli?


Non le vedo bene, la maggior parte di coloro che ci amministra fa parte di un passato politico che ha portato l'Italia alla deriva. Il ceto politico attuale va cambiato, ma vanno cambiate anche le idee e i modi di amministrare. Non è solo una questione di legalità come molti pensano. Anche chi non è corrotto non è per forza un buon amministratore. Penso anche che la politica debba fare
qualcosa in più che amministrare, deve proporre soluzioni ai problemi, soluzioni da condividere con le popolazioni.


La speranza è l'ultima a
morire... ma a lungo andare anche quella muore.


Beh, la speranza morirà solo quando non esisteranno più le differenze tra ricchi e poveri, tra nord e sud, tra immigrati e abitanti locali. A quel punto il mondo sarà o migliorato oppure finito.


Dario Caputo

sabato 23 gennaio 2010

U'Ciucciu a teatro....

Il nostro caro somaro è andato a teatro, ha visto uno spettacolo di Ulderico Pesce: "Asso di Monnezza" ed ha deciso di firmare la petizione che l'attore di Rivello ha lanciato per far inserire i reati ambientali nel codice penale. Come voi ben sapete se un povero "ciuccio" ruba una gallina va a finire in gabbia. Ma se qualche "re" decide di inquinare mezzo mondo (e fa morire centinaia di persone) resta libero e paga si e no una multa. U'ciucciu invita tutti i suoi lettori e amici a firmare la petizione on line (meglio se le firmate tutte) proposta da Ulderico sul sito  

http://www.uldericopesce.com 

Consiglia inoltre di andare a teatro. I ciucci devono istruirsi per poter contrastare i re. 


sabato 2 gennaio 2010

Solidarietà un bene per tutti

L’assenza di servizi sociali degni di questo nome a Viggianello e nella Valle del Mercure è un dato ormai assodato. Non esistono centri di aggregazione e socialità né per i giovani né per gli anziani (oltre ai bar naturalmente); i servizi socio-sanitari sono carenti se non inaccessibili per molti.  Sono presenti numerose barriere architettoniche che rendono estremamente difficile,se non impossibile, la vita di un disabile che vive o vuole visitare questa Valle.

La causa di questa drammatica situazione non sono solo le istituzioni e gli enti pubblici che non svolgono correttamente il proprio dovere. Molte colpe le ha anche la società civile, che  isola anziché integrare i cosiddetti “diversi”.  Spesso lì bolla definendoli “poverini”, come gente a cui bisogna fare al limite un po’ di carità. Nel peggiore dei casi li allontana giudicandoli come inutili.

Se da un lato disabili, giovani, anziani, tossicodipendenti e in generale tutti i soggetti svantaggiati, che abitano la Valle, non trovano alcun tipo di risposta ai loro bisogni, da parte degli enti pubblici, dall’altro i pregiudizi della gente fanno il resto ed emarginano ulteriormente.

Come risolvere questo problema? Magari creando un centro diurno inter-comunale. Un luogo dove le persone possano incontrarsi, avere un’assistenza completa, con lavoratori qualificati. Ecco, un centro diurno del genere sarebbe realmente utile, peccato che non c’è.  O meglio c’è  ma non funziona: si trova in località Anzoleconte a Viggianello, dove è stato costruito un edificio che doveva ospitare proprio un centro per l’assistenza ai disabili di tutta la Valle del Mercure. Finita oltre un anno fa, la struttura è stata finanziata con soldi pubblici. Ma non ci sono solo le mura, al suo interno ci sono circa 17 postazioni informatiche, tutte le attrezzature necessarie per fare di quel posto un luogo di socialità e di crescita. Addirittura sono stati acquistati due furgoni per il trasporto dei disabili in carrozzella.

La messa in esercizio di un luogo del genere darebbe la possibilità di migliorare due situazioni problematiche per il territorio. In primis, dare ai disabili ed ai giovani della valle un luogo dove poter vivere una socialità senza barriere. Secondo si creerebbero diversi posti di lavoro, tra autisti, assistenti sociali, psicologi, ed O.S.S. (operatori socio-sanitari, ndr) ci sarebbero almeno una decina di posti di lavoro in più. Come prendere due piccioni con una fava, si potrebbe dire.

Peccato che non sia così semplice, di nuovi fondi destinati al centro diurno pare non ce ne siano. Il comune di Viggianello intanto ha affidato la struttura alla parrocchia. La quale, con buona pace delle persone con disabilità, non si è certo offesa dell’omaggio.

Purtroppo questo non è il primo e nemmeno l’unico caso di spreco di denaro pubblico e di scarso interesse per i più deboli. Già qualche anno fa a Pedali era stato istituito un centro di aggregazione giovanile, chiuso dopo un po’ inspiegabilmente. La sede di questo centro si trovava nella vecchia scuola elementare di Gallizzi al secondo piano, ora il primo piano di quella struttura pubblica è fittato ad una scuola privata.

Per pochi spiccioli rientrati al comune si è ceduto a privati un luogo di aggregazione e socialità.           

Quanti di voi ricordano le attività del centro ricreativo “Peter Pan”, dove i bambini di Viggianello svolgevano attività parascolastiche e ludiche senza la play station? Beh, anche quello non c’è più, evidentemente Peter Pan è tornato sull’isola che non c’è.

Agli anziani invece chi ci pensa?  A quelli con la tempra più dura ci pensano i bar. Agli altri ,quelli in difficoltà e soprattutto alle donne più anziane che non vanno al bar, ci pensano le famiglie, su cui ricade tutto il peso dell’assistenza dei loro cari. Ma quelli che invece non hanno la famiglia? Per quelli c’è il servizio civile, c’è la cooperativa, c’è l’assistente sociale...evviva siamo a cavallo!!! La soluzione anche in questo caso va ricercata non nelle due ore di assistenza domiciliare, per chi riesce ad accedervi, ma in attività finalizzate al reinserimento sociale degli anziani, che soprattutto per questo territorio sono un valore aggiunto. I vecchi sono i detentori della saggezza popolare, della tradizione e della cultura contadina. 

Non dobbiamo lasciarli soli, ne va del futuro di tutti.

In ultima analisi, la solidarietà non solo rappresenta la civiltà di un popolo ed insieme al lavoro distingue l’uomo dalla maggioranza delle bestie, ma nel nostro caso rappresenta anche un’importante opportunità occupazionale e di crescita dell’intera comunità.

Da oggi per noi inizia una lotta per l’apertura del centro diurno, vogliamo che quella sede finanziata dalla collettività sia davvero di tutti. Anche per quanto riguarda le eventuali assunzioni, vigileremo e cercheremo di impedire che come al solito siano gli amici degli amici a lavorare e non chi più ha bisogno.

Chiediamo infine di intitolare il centro ad un amico, ad un compagno disabile che è scomparso nell’indifferenza delle istituzioni, che in passato ha lottato per vivere come tutti e che spesso si è trovato davanti ad un muro. Parliamo di Vincenzo De Filpo, a cui va il mio più caro saluto.

 

Articolo di Antonio”Che” Vitale

ragionevolonta@gmail.com

 

 

Energia a costo zero

Pochi giorni fa una mia vicina di casa, dopo aver visto lo spot di una nota azienda italiana, mi chiese di darle maggiori informazioni su quello che aveva sentito in TV. Nel descrivermi di cosa parlava la pubblicità, ho notato l’utilizzo ripetuto dell’espressione “a costo zero”. È una frase d’impatto, oggi largamente utilizzata, che desta a ragione una certa curiosità. Vorrei perciò prendere spunto da questa vicenda per parlare di un argomento che negli ultimi anni è diventato molto di moda, cercando di capire quanto ci sia di vero in un tale messaggio e, se è possibile, fornire così una risposta esauriente alla mia concittadina e a chiunque voglia approfondire questo discorso.
Si sta parlando naturalmente di energia. Energia fotovoltaica per essere più precisi. È un tipo di energia pulita, o meglio, di energia rinnovabile le cui applicazioni sono numerosissime e vanno dai prodotti di consumo di piccola potenza (calcolatrici, orologi) fino alle grosse centrali da diversi MWp. Tecnicamente, una cella fotovoltaica è un piccolo dispositivo in grado di convertire energia solare in energia elettrica. Connettendo più celle FV in serie si ottengono dei moduli in grado di sviluppare potenze e tensioni tali da poterne usufruire a scopi commerciali.
Le prime applicazioni per usi civili dei moduli FV furono rivolte inizialmente a quei siti distanti dai centri abitati e quindi dalle cabine di bassa tensione dell’ENEL, allora unico gestore della rete elettrica nazionale. In quel caso l’utilizzo di un sistema FV diventava enormemente competitivo se paragonato agli alti costi di allaccio alla rete distributrice.
Inoltre, non bisogna trascurare l’impatto visivo che ne deriva montando tralicci o pali di trasmissione in zone protette, come ad esempio i parchi. A tal proposito, vorrei ricordare l’investimento che fece proprio in questo senso il comune di Viggianello nella seconda metà degli anni ’80, installando una serie di pannelli solari per sopperire al fabbisogno energetico del rifugio montano De Gasperi di Piano Ruggio. Un’idea originale, anche considerando il fatto che questo tipo di sistema all’epoca era ancora in via di sperimentazione e perfezionamento. A distanza di tempo, viene da chiedersi come mai un simile impianto sia stato in seguito smantellato e lasciato al degrado, mentre l’Aeronautica e la Marina statunitense cercavano parallelamente di apprendere ogni più piccolo segreto di codesta scienza!
Lo sviluppo tecnologico successivo e l’ammodernamento del sistema elettrico hanno visto nascere i primi sistemi FV connessi alla rete elettrica preesistente. Inizialmente si è partiti dalla costruzione di grossi impianti per la produzione centralizzata di energia per arrivare oggi a realizzare piccoli e medi impianti destinati alle utenze residenziali (aziende, abitazioni private, imprese, enti pubblici, condomini).
Uno dei motivi che ha contribuito all’incremento di questa tendenza è stato il crescente interesse verso le fonti rinnovabili e le problematiche ambientali. Il diffondersi della tecnologia FV ha fatto sì che i costi esorbitanti dei primi impianti si siano notevolmente abbattuti, anche grazie agli incentivi statali, diventando una tecnologia alla portata di tutti.
Senza entrare nei dettagli delle diverse tipologie di impianti FV, possiamo dire che il principio di funzionamento consiste nell’utilizzare la luce diurna solare come fonte di energia rinnovabile, pulita, inesauribile e disponibile ovunque, trasformandola in energia elettrica.
E durante la notte? Nessun problema! I sistemi FV isolati sono dotati di un accumulatore di energia (un sistema di batterie) che garantisce l’erogazione di corrente perfino quando l’illuminazione è scarsa o assente.
Nei sistemi FV connessi a una rete il problema invece non sussiste minimamente. Il fabbisogno energetico necessario durante le ore di buio viene prelevato direttamente dalla rete di distribuzione, che costituisce così un accumulo di capacità illimitata. In questo caso si crea una sorta di scambio bidirezionale. Quando il sistema FV produce più del necessario, la rete assorbe l’eccedenza di energia elettrica prodotta dall’impianto residenziale, mentre quando l’utente ha bisogno di elettricità nelle ore serali o notturne, può rifornirsi dal gestore della rete. Questo tipo di sistema dispone di due contatori.
Un contatore in ingresso che calcola i kWh acquistati dalla rete e un contatore in uscita che contabilizza i kWh ceduti alla rete.
In riferimento alla seconda tipologia di impianti, i vari governi hanno sviluppato piani di finanziamento atti ad incentivare la solarizzazione degli edifici. A livello europeo si parla del cosiddetto Conto Energia e la sua efficacia è stata dimostrata dagli investimenti massicci attuati già dal 1994 in Germania. Ciò è stato fondamentale per far conoscere la tecnologia ad un pubblico più vasto e a dimostrarne l’affidabilità nel tempo.
Ma come funziona questo “conto”?
Si tratta di una sorta di finanziamento in conto esercizio. L’utente privato, una volta avviato l’impianto, percepisce periodicamente per 20 anni dal GSE (Gestore dei Servizi Energetici) somme variabili a seconda della potenza e dell’integrazione architettonica dell’impianto stesso. Il Conto Energia permette inoltre di accedere a incentivi che agevolano la spesa iniziale. Un impianto FV diventa così un investimento vero e proprio.
Bisogna dire che fino al 2010 le tariffe del conto energia ogni anno sono state decurtate del 2%. Successive revisioni, fatte in base all’andamento dei mercati, prevedono una riduzione annuale del 5% tra il 2011 e il 2015.
La tabella in basso riporta come esempio i costi in euro per kWh che il GSE si impegna a pagare nel corso dei 20 anni per incentivare la produzione elettrica prodotta da un impianto FV di potenza compresa tra 1 e 3 kW. Come si può osservare, si verifica una piccola diminuzione di anno in anno.

Questo è uno dei motivi per cui andrebbe valutata prima possibile l’idea di fare un investimento in tale direzione, anche perché un impianto FV si ripaga da sé in breve tempo, generando profitti fino a 20 anni. Trascorso questo periodo, si verificherà uno scambio alla pari con il gestore di rete. La produzione di energia subisce un piccolo calo fisiologico ma il risparmio sulle bollette è comunque assicurato.

Il secondo motivo è ancora di tipo economico. Gli incentivi statali ci saranno fin quando la produzione energetica FV in Italia non raggiungerà la soglia massima imposta dalla comunità europea allo scopo di ridurre le emissioni di anidride carbonica.
Il Libro Bianco Italiano ha stabilito questa soglia pari a 1.200 MW, dopodiché probabilmente gli aiuti del governo cesseranno del tutto e chi vorrà installare un impianto FV sarà costretto a pagarlo interamente di tasca propria. Al momento la capacità installata in Italia è di oltre 700 MW, ed è in forte espansione. Dalle previsioni si pensa che già nel 2010 il tetto massimo stabilito sarà abbondantemente raggiunto. Le principali associazioni di riferimento per il FV in Italia, in base a questi dati, stanno cercando un dialogo con le autorità competenti per portare il limite massimo di potenza incentivabile ad almeno 7.000 MW, ma per adesso è tutto in forse.

Il terzo motivo ce lo forniscono delle semplici considerazioni pratiche. Se la Germania, uno dei Paesi tecnologicamente più all’avanguardia, e la Spagna, hanno ampiamente investito in questo settore, ci sarà sicuramente una spiegazione logica e razionale. Considerando che le condizioni ottimali per avere un alto rendimento degli impianti FV è un buon irraggiamento solare, un posto assolato come l’Italia (e in particolare il nostro Sud), ha tutte le prerogative per divenire una delle nazioni più virtuose in questo settore, riuscendo con ogni probabilità a colmare il distacco che ancora ci separa dai due Stati sopracitati.

Quarto motivo, ma non per ordine di importanza, è l’aspetto ambientale. In fase di esercizio i sistemi FV producono energia elettrica senza emettere sostanze inquinanti. In assenza di questi impianti, la stessa energia solare pulita dovrebbe essere prodotta mediante fonti tradizionali (petrolio, carbone, gas naturale) per gran parte velenose e tossiche. È quindi chiaro come l’utilizzo della tecnologia FV evita che un certo quantitativo di inquinanti venga immesso nell’atmosfera, producendo evidenti benefici ambientali.

Creare un'alternativa energetica compatibile con il Parco in cui viviamo, in modo tale da farla diventare non un problema, ma una risorsa per uno sviluppo ecosostenibile della nostra regione, è certamente possibile. E poiché un territorio sano e pulito è una delle poche cose che ci rimangono, direi che è il caso di soffermarsi a riflettere.

Per chi volesse approfondire l’argomento, consiglio la visione del breve video riportato in basso.



Articolo di Marta Peluso

La parola del popolo non conta

Anno 2010, la domanda sorge spontanea: siamo già nel futuro o viviamo nel medioevo? Perché nonostante l’avvento tecnologico le dinamiche di sfruttamento messe in atto sugli oppressi sono ancora le stesse. Qualcuno si presentato come il presidente del cambiamento e di tutti, ma il dominio economico-culturale dei pochi sui molti non è certo finito. Cosa dire di una crisi economica mondiale che rende i ricchi ancora più ricchi ed i poveri ancora più poveri? Anche la FAO ha dichiarato un aumento della fame nel mondo, nonostante le proteste siano cresciute, ma le cose non sono cambiate. Il medioevo è ancora qui, e non rimane che chiedersi quando le cose cambieranno … per davvero! Per esempio parliamo del “Medioevo energetico”, esso è destinato a proseguire: le recenti scelte hanno dimostrato che chi ci governa non ha imparato nulla dagli errori nostri e altrui. Si prosegue su una strada senza uscita, di cui per altro si vede la fine ancora prima di imboccarla. Il governo Berlusconi e quello francese di Sarkozy insieme ad Enel ed Edf hanno siglato un accordo che detta le regole per una collaborazione sull’atomo dalla produzione allo stoccaggio. Dovrebbero essere, dunque, realizzate in Italia, entro il 2020, quattro centrali nucleari. Il governo italiano ha scelto al posto degli italiani e sulle loro teste. Ha scelto di imbarcarsi verso il nucleare.

Una scelta in grado di bruciare miliardi di denaro pubblico, mettendo a rischio l’intera popolazione. Viviamo in un’epoca dove le decisioni dei lavoratori non contano niente o vengono comunque pilotate. In un’epoca dove si vive di ricatti psicologici, dove per assenza di lavoro si è costretti a sottomettersi e a diventare schiavi, costretti ad orari di lavoro snervanti e che riducono l’essere umano in una “macchina da lavoro”. In una società dove contano solo le decisioni del governo, le leggi emanate mai a favorire il benessere della collettività, ma fatte “ad personam” favorendo sempre chi è già ricco. Una società dove dominano abuso di potere, schiavizzazione ed emarginazione degli immigrati, potere e violenza usati contro il popolo e sfruttamento dei più deboli; una società dove la parola del popolo non ha mai contato, non conta ora, e non conterà in futuro finché tutti non prendiamo coscienza e la smettiamo di sottostare a certe condizioni e ricatti da parte dei padroni del mondo, portando avanti i valori più importanti dell’essere umano, quali l’uguaglianza e la dignità.

Articolo di Natasha De Filpo