sabato 2 gennaio 2010

Energia a costo zero

Pochi giorni fa una mia vicina di casa, dopo aver visto lo spot di una nota azienda italiana, mi chiese di darle maggiori informazioni su quello che aveva sentito in TV. Nel descrivermi di cosa parlava la pubblicità, ho notato l’utilizzo ripetuto dell’espressione “a costo zero”. È una frase d’impatto, oggi largamente utilizzata, che desta a ragione una certa curiosità. Vorrei perciò prendere spunto da questa vicenda per parlare di un argomento che negli ultimi anni è diventato molto di moda, cercando di capire quanto ci sia di vero in un tale messaggio e, se è possibile, fornire così una risposta esauriente alla mia concittadina e a chiunque voglia approfondire questo discorso.
Si sta parlando naturalmente di energia. Energia fotovoltaica per essere più precisi. È un tipo di energia pulita, o meglio, di energia rinnovabile le cui applicazioni sono numerosissime e vanno dai prodotti di consumo di piccola potenza (calcolatrici, orologi) fino alle grosse centrali da diversi MWp. Tecnicamente, una cella fotovoltaica è un piccolo dispositivo in grado di convertire energia solare in energia elettrica. Connettendo più celle FV in serie si ottengono dei moduli in grado di sviluppare potenze e tensioni tali da poterne usufruire a scopi commerciali.
Le prime applicazioni per usi civili dei moduli FV furono rivolte inizialmente a quei siti distanti dai centri abitati e quindi dalle cabine di bassa tensione dell’ENEL, allora unico gestore della rete elettrica nazionale. In quel caso l’utilizzo di un sistema FV diventava enormemente competitivo se paragonato agli alti costi di allaccio alla rete distributrice.
Inoltre, non bisogna trascurare l’impatto visivo che ne deriva montando tralicci o pali di trasmissione in zone protette, come ad esempio i parchi. A tal proposito, vorrei ricordare l’investimento che fece proprio in questo senso il comune di Viggianello nella seconda metà degli anni ’80, installando una serie di pannelli solari per sopperire al fabbisogno energetico del rifugio montano De Gasperi di Piano Ruggio. Un’idea originale, anche considerando il fatto che questo tipo di sistema all’epoca era ancora in via di sperimentazione e perfezionamento. A distanza di tempo, viene da chiedersi come mai un simile impianto sia stato in seguito smantellato e lasciato al degrado, mentre l’Aeronautica e la Marina statunitense cercavano parallelamente di apprendere ogni più piccolo segreto di codesta scienza!
Lo sviluppo tecnologico successivo e l’ammodernamento del sistema elettrico hanno visto nascere i primi sistemi FV connessi alla rete elettrica preesistente. Inizialmente si è partiti dalla costruzione di grossi impianti per la produzione centralizzata di energia per arrivare oggi a realizzare piccoli e medi impianti destinati alle utenze residenziali (aziende, abitazioni private, imprese, enti pubblici, condomini).
Uno dei motivi che ha contribuito all’incremento di questa tendenza è stato il crescente interesse verso le fonti rinnovabili e le problematiche ambientali. Il diffondersi della tecnologia FV ha fatto sì che i costi esorbitanti dei primi impianti si siano notevolmente abbattuti, anche grazie agli incentivi statali, diventando una tecnologia alla portata di tutti.
Senza entrare nei dettagli delle diverse tipologie di impianti FV, possiamo dire che il principio di funzionamento consiste nell’utilizzare la luce diurna solare come fonte di energia rinnovabile, pulita, inesauribile e disponibile ovunque, trasformandola in energia elettrica.
E durante la notte? Nessun problema! I sistemi FV isolati sono dotati di un accumulatore di energia (un sistema di batterie) che garantisce l’erogazione di corrente perfino quando l’illuminazione è scarsa o assente.
Nei sistemi FV connessi a una rete il problema invece non sussiste minimamente. Il fabbisogno energetico necessario durante le ore di buio viene prelevato direttamente dalla rete di distribuzione, che costituisce così un accumulo di capacità illimitata. In questo caso si crea una sorta di scambio bidirezionale. Quando il sistema FV produce più del necessario, la rete assorbe l’eccedenza di energia elettrica prodotta dall’impianto residenziale, mentre quando l’utente ha bisogno di elettricità nelle ore serali o notturne, può rifornirsi dal gestore della rete. Questo tipo di sistema dispone di due contatori.
Un contatore in ingresso che calcola i kWh acquistati dalla rete e un contatore in uscita che contabilizza i kWh ceduti alla rete.
In riferimento alla seconda tipologia di impianti, i vari governi hanno sviluppato piani di finanziamento atti ad incentivare la solarizzazione degli edifici. A livello europeo si parla del cosiddetto Conto Energia e la sua efficacia è stata dimostrata dagli investimenti massicci attuati già dal 1994 in Germania. Ciò è stato fondamentale per far conoscere la tecnologia ad un pubblico più vasto e a dimostrarne l’affidabilità nel tempo.
Ma come funziona questo “conto”?
Si tratta di una sorta di finanziamento in conto esercizio. L’utente privato, una volta avviato l’impianto, percepisce periodicamente per 20 anni dal GSE (Gestore dei Servizi Energetici) somme variabili a seconda della potenza e dell’integrazione architettonica dell’impianto stesso. Il Conto Energia permette inoltre di accedere a incentivi che agevolano la spesa iniziale. Un impianto FV diventa così un investimento vero e proprio.
Bisogna dire che fino al 2010 le tariffe del conto energia ogni anno sono state decurtate del 2%. Successive revisioni, fatte in base all’andamento dei mercati, prevedono una riduzione annuale del 5% tra il 2011 e il 2015.
La tabella in basso riporta come esempio i costi in euro per kWh che il GSE si impegna a pagare nel corso dei 20 anni per incentivare la produzione elettrica prodotta da un impianto FV di potenza compresa tra 1 e 3 kW. Come si può osservare, si verifica una piccola diminuzione di anno in anno.

Questo è uno dei motivi per cui andrebbe valutata prima possibile l’idea di fare un investimento in tale direzione, anche perché un impianto FV si ripaga da sé in breve tempo, generando profitti fino a 20 anni. Trascorso questo periodo, si verificherà uno scambio alla pari con il gestore di rete. La produzione di energia subisce un piccolo calo fisiologico ma il risparmio sulle bollette è comunque assicurato.

Il secondo motivo è ancora di tipo economico. Gli incentivi statali ci saranno fin quando la produzione energetica FV in Italia non raggiungerà la soglia massima imposta dalla comunità europea allo scopo di ridurre le emissioni di anidride carbonica.
Il Libro Bianco Italiano ha stabilito questa soglia pari a 1.200 MW, dopodiché probabilmente gli aiuti del governo cesseranno del tutto e chi vorrà installare un impianto FV sarà costretto a pagarlo interamente di tasca propria. Al momento la capacità installata in Italia è di oltre 700 MW, ed è in forte espansione. Dalle previsioni si pensa che già nel 2010 il tetto massimo stabilito sarà abbondantemente raggiunto. Le principali associazioni di riferimento per il FV in Italia, in base a questi dati, stanno cercando un dialogo con le autorità competenti per portare il limite massimo di potenza incentivabile ad almeno 7.000 MW, ma per adesso è tutto in forse.

Il terzo motivo ce lo forniscono delle semplici considerazioni pratiche. Se la Germania, uno dei Paesi tecnologicamente più all’avanguardia, e la Spagna, hanno ampiamente investito in questo settore, ci sarà sicuramente una spiegazione logica e razionale. Considerando che le condizioni ottimali per avere un alto rendimento degli impianti FV è un buon irraggiamento solare, un posto assolato come l’Italia (e in particolare il nostro Sud), ha tutte le prerogative per divenire una delle nazioni più virtuose in questo settore, riuscendo con ogni probabilità a colmare il distacco che ancora ci separa dai due Stati sopracitati.

Quarto motivo, ma non per ordine di importanza, è l’aspetto ambientale. In fase di esercizio i sistemi FV producono energia elettrica senza emettere sostanze inquinanti. In assenza di questi impianti, la stessa energia solare pulita dovrebbe essere prodotta mediante fonti tradizionali (petrolio, carbone, gas naturale) per gran parte velenose e tossiche. È quindi chiaro come l’utilizzo della tecnologia FV evita che un certo quantitativo di inquinanti venga immesso nell’atmosfera, producendo evidenti benefici ambientali.

Creare un'alternativa energetica compatibile con il Parco in cui viviamo, in modo tale da farla diventare non un problema, ma una risorsa per uno sviluppo ecosostenibile della nostra regione, è certamente possibile. E poiché un territorio sano e pulito è una delle poche cose che ci rimangono, direi che è il caso di soffermarsi a riflettere.

Per chi volesse approfondire l’argomento, consiglio la visione del breve video riportato in basso.



Articolo di Marta Peluso

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